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"L'Eneide",

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la corteccia del sughero; di bronzo<br />

brillan le targhe, brillano le spade.<br />

E te mandò la montuosa Nersa,<br />

Ufente, chiaro e fortunato in armi.<br />

Ben selvaggia è sua gente e avvezza a molto<br />

cacciar boschivo, Equicoli dal duro<br />

suolo. Armati lavorano la terra,<br />

e fresche sempre convogliar le prede<br />

è lor piacere e viver di rapina.<br />

E di Marruvia gente sacerdote,<br />

col ramo a l'elmo del benigno ulivo,<br />

per cenno di re Archippo, Umbrone venne<br />

fortissimo. La razza viperina<br />

e l'idre attossicanti egli soleva<br />

cantando e carezzando addormentare,<br />

blandirne l'ire e medicarne il morso.<br />

Pure guarir de la dardania punta<br />

non seppe il colpo, e per la sua ferita<br />

il sonnifero canto non gli valse<br />

e le pe' marsi clivi erbe raccolte.<br />

Te la selva d'Angizia, te gli specchi<br />

pianser molli del Fúcino.<br />

Bellissimo a la guerra anche movea<br />

d'Ippolito figliuol Virbio che Aricia<br />

madre inclito mandò, cresciuto a l'ombre<br />

di Egeria lungo le fluenti rive,<br />

ove ha Diana altar florido e pio.<br />

Ché d'Ippolito è fama, poi che morto

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