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"L'Eneide",

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prevedevan l'evento. Quegli tace<br />

per cinque e cinque dí; chiuso rifiuta<br />

svelar nessuno e designarlo a morte.<br />

Solo a la fin, dal tempestar d'Ulisse<br />

stretto, d'accordo schiude il labbro e me<br />

designa a l'ara. Consentiron tutti,<br />

paghi, quel che ciascun per sé temea,<br />

d'un sol meschino ricadere in danno.<br />

E già veniva il giorno maledetto,<br />

si preparava il sacrifizio mio,<br />

e il salso orzo e le bende a le mie tempie.<br />

Mi sottrassi, confesso, a morte e ruppi<br />

i legami; tra il limo e le cannucce<br />

del padule acquattato per la notte<br />

mi tenni, fin che dessero, se mai<br />

date al vento le avessero, le vele.<br />

Né speranza era in me piú di vedere<br />

la patria antica né i diletti figli<br />

né il sospirato padre, a' quali forse<br />

faran pagare il mio scampo, ed il fallo<br />

col sangue de' meschini emenderanno.<br />

Ond'io te, per i Superi ed i Numi<br />

consci del ver, per l'illibata fede,<br />

se tale alcuna sopravvive al mondo,<br />

imploro, abbi pietà di dolor tanto,<br />

pietà d'un uom senza sua colpa oppresso -.<br />

Doniam la vita a questo pianto e molta<br />

compassïon. Da Priamo è l'esempio

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