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"L'Eneide",

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guidano fuori o stipano il fluente<br />

miele e spalman del nettare le celle,<br />

o alleviano dal peso le tornanti,<br />

o schierate respingon da' presepi<br />

l'ignavo stuol de' fuchi: ferve l'opra<br />

e dà sentor di timo il miel fragrante.<br />

"Fortunati, la cui città già sorge!",<br />

esclama Enea guardando alto i fastigi.<br />

E avvolto in nebbia va, prodigio a dire,<br />

per mezzo a tutti né il discerne alcuno.<br />

Nel cuor de la città, beato d'ombra<br />

un bosco fu, dove da prima i Peni<br />

da' marosi e dal turbine sbattuti<br />

scavarono il segnal che la dea Giuno<br />

predetto avea, la testa d'un destriero:<br />

onde sarà ne' secoli la gente<br />

possente in guerra ed abbondante in pace.<br />

Ivi un gran tempio la sidonia Dido<br />

fabbricava a Giunone, per i doni<br />

splendido e pel favore de la dea.<br />

Bronzea su' gradi ne sorgea la soglia,<br />

le travi in bronzo avvinte, a bronzee porte<br />

il cardine stridea. Qui nova cosa<br />

si offerse che lení prima il timore,<br />

qui prima Enea sperare osò salvezza<br />

e consolarsi de l'afflitto stato.<br />

Ché mentre sotto l'ampia volta esplora<br />

ogni cosa, aspettando la regina,

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