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"L'Eneide",

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cuori non vaghi d'un'eccelsa gloria.<br />

I banchi essi ristorano, rifanno<br />

le abbrustolate tavole al naviglio,<br />

preparan remi e gòmene; a contarli<br />

pochi, ma fiamme di virtú guerriera.<br />

Intanto con l'aratro Enea disegna<br />

le mura e a sorte trae le case: vuole<br />

questo esser Ilio e questi luoghi Troia.<br />

Regna il troiano Aceste e assegna il fòro<br />

e dà le leggi a' padri convocati.<br />

Vicino agli astri poi su l'ericina<br />

vetta a Venere idalia un tempio è posto,<br />

e un sacerdote aggiungesi e un ombroso<br />

largo recinto al sepolcro anchiseo.<br />

Già nove giorni banchettò la gente<br />

e compiuto agli altari era ogni rito;<br />

i venti cheti hanno disteso il mare,<br />

e l'austro risusurra e a l'alto invita.<br />

Nasce gran pianto per le curve rive<br />

abbracciati tra lor dí e notte stanno.<br />

Esse oramai le donne, essi cui dianzi<br />

del mar la faccia orrida parve e il nome<br />

intollerabile, or vogliono andare<br />

e patire ogni stento de l'esiglio.<br />

Ma il buono Enea benigno li consola<br />

e lagrimando al consanguineo Aceste<br />

li affida. Quindi a Irice immolare<br />

fa tre vitelli e un'agna a le Tempeste

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