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"L'Eneide",

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s'impregnan bruni de la calda vena.<br />

Làmiro e Lamo ancor e il giovinetto<br />

Serrano che giocato quella notte<br />

aveva tanto, bello di sembianze,<br />

e che domo giacea dal molto iddio;<br />

felice, se traea lungo il suo gioco<br />

quanto la notte insino a' primi raggi!<br />

Tal digiuno leone a' pieni ovili<br />

spaventoso (crudel fame lo spinge)<br />

il molle armento muto di paura<br />

trae, sbrana e arrossa la fremente bocca.<br />

Né minore d'Eurialo è la strage:<br />

acceso anch'esso infuria, e molta plebe<br />

senza nome nel mezzo, e Fado, Erbeso,<br />

Reto ed Àbari assale, incoscïenti,<br />

ma Reto sveglio e che vedeva tutto<br />

e dopo un gran cratere si celava:<br />

s'accosta, e in petto a lui mentre si leva<br />

tutta immerse la spada e la ritrasse<br />

piena di morte. L'anima purpurea<br />

rende quegli ed il vin mischiato al sangue:<br />

questi imperversa negli assalti.<br />

E omai<br />

tendeva a' soci di Messapo; quivi<br />

mancar vedeva i fuochi e a l'uso sciolti<br />

pascolare i cavalli; allor che Niso,<br />

che troppo il vide inebriar di strage,<br />

disse: "Cessiamo, ché il nemico raggio

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