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"L'Eneide",

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il Simoï travolga), per il mondo<br />

ogni pena tocchiamo, ogni castigo,<br />

che ci avrebbe a pietà Prïamo istesso.<br />

Di Minerva lo sa l'avversa stella,<br />

l'euboico sasso e il vindice Cafèreo.<br />

Sbattuti da quel campo a varie sponde,<br />

esula fin di Proteo a le colonne<br />

l'Atride Menelao, gli etnei Ciclopi<br />

Ulisse vide. E debbo dire il regno<br />

di Nëottòlemo e i distrutti lari<br />

d'Idomenèo? posati in Libia i Locri?<br />

Lo stesso miceneo de' grandi Achivi<br />

condottiero per man de la nefanda<br />

moglie si giacque nel varcar la soglia:<br />

l'adultero appostò l'Asia sconfitta.<br />

E avversi a me gli Dei, che non vedessi<br />

a l'are patrie reso la consorte<br />

desïata e la bella Calidone?<br />

E tuttora mi seguono portenti<br />

spaventosi: i compagni miei perduti<br />

dileguarono in aria e sono uccelli<br />

vaghi su l'acque (oh ree pene de' miei!)<br />

ch'empiono le scogliere di lamento.<br />

Oh bene io tanto ebbi a temer, da quando<br />

volsi folle la spada in un celeste,<br />

colpevole di Venere ferita!<br />

Non m'invitate a simili battaglie:<br />

guerra non ho co' Teucri, Ilio distrutta,

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