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"L'Eneide",

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perché non saprei reggere al suo pianto.<br />

Deh! tu consola quella poveretta,<br />

assisti la deserta. Fa' ch'io porti<br />

questa speme di te: n'andrò piú fiero<br />

ad ogni evento".<br />

Piansero commossi<br />

i Teucri, piú che tutti il vago Giulo<br />

e del paterno amor sentí la stretta.<br />

Poi cosí dice:<br />

"Pari a l'impresa, cui ti accingi, tutto<br />

ti riprometti: avrò per madre lei,<br />

le mancherà sol di Creusa il nome;<br />

poco non merta chi di te s'incinse.<br />

Segua vicenda qual vorrà, ti giuro<br />

pel capo mio per cui giurava il padre,<br />

tutto che a te prometto e al tuo ritorno<br />

avventuroso, a la tua madre tutto<br />

sarà serbato ed a la vostra gente".<br />

Sí dice lagrimando, e da le spalle<br />

toglie l'aurata spada che Licàone<br />

di Cnoso fe' mirabilmente e pose<br />

agevole in un fodero d'avorio.<br />

A Niso l'irto vello d'un leone<br />

Mnèsteo dà, gli muta elmo il fido Alete.<br />

Armati già si avviano: a le porte<br />

i precipui de' giovani e de' vecchi<br />

a schiera li accompagnano co' voti.<br />

Ed esso il vago Giulo che ha pensiero

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