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"L'Eneide",

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L'ombra d'Enea fuggente paurosa<br />

vi salí, sparve giú ne' fondi: Turno<br />

non però meno incalza e sorvolando<br />

gl'impedimenti l'alto ponte varca.<br />

Appena tocca avea la prora, e Giuno<br />

rompe il canape e via spicca la nave<br />

indietro per il mar.<br />

Intanto Enea<br />

va chiamando l'assente a la battaglia<br />

e molti in che s'affronta a morte invia.<br />

Già la lieve ombra piú non cerca i fondi,<br />

ma vola in aria e mescesi a le nubi,<br />

mentre naviga Turno al vento buono.<br />

De' fatti ignaro, ingrato de lo scampo,<br />

egli si guarda dietro ed alza al cielo<br />

con la voce le palme: "Onnipotente<br />

Padre, e di macchia tal degno mi credi<br />

e tal castigo m'infliggesti? Dove<br />

vo, donde mossi? quale ontosa fuga<br />

cosí m'apparta? Ancor vedrò le mura<br />

de' Laurenti e le tende? E quelle schiere<br />

a me seguaci ed a' miei segni, e quanti,<br />

oh vergogna! lasciai preda di morte,<br />

e già vedo i dispersi e de' caduti<br />

odo il lamento? Che farò? qual basta<br />

voragine profonda ad inghiottirmi?<br />

Almen deh! voi pietà m'abbiate, o venti:<br />

contro le rupi, il cuor di Turno implora,

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