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Cop. quaderni cultura timavese - Taic in Vriaul

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SCUOLA ELEMENTARE A TEMPO PIENO DI TIMAU - CLEULIS<br />

128<br />

• Timau - Tamau - Tischlbong •<br />

Anche a Timau era abitud<strong>in</strong>e travestirsi per il Carnevale e due sono le maschere<br />

tipiche: maschkar e jutali.<br />

Il maschkar ricalca le caratteristiche del “sampogn” di Cleulis.<br />

Esistevano, tuttavia, alcune differenze: una era quella che, ad <strong>in</strong>terpretarle, erano<br />

sempre le medesime persone.<br />

Chi non possedeva campanacci - kloukn, cercava di arrangiarsi con quello che<br />

aveva <strong>in</strong> casa e si adattava allo scopo: padelle - pfon, taglieri per la polenta - plent<br />

preitar, secchi per la mungitura - selan van melchn, rastrelli piatti per letame - rali.<br />

Qualcuno, f<strong>in</strong>gendosi zoppo, si sorreggeva con un nodoso bastone - chrucha, altri<br />

appendevano a malandati ombrelli neri - sghboarza schearmiata, delle sarde affumicate<br />

- sardelons.<br />

Entravano nelle case e i proprietari <strong>in</strong>filavano nel cappello - huat, le cotiche -<br />

krodias, ed erano comunque contenti, anche se sporcavano e non si preoccupavano<br />

dei danni che potevano provocare i ramponi - grifas, perché i pavimenti erano ricoperti<br />

da lastre - plotn.<br />

Per la strada camm<strong>in</strong>avano a coppie tenendosi per mano oppure, quando la stanchezza<br />

com<strong>in</strong>ciava a farsi sentire e il suono dei campanacci li stordiva, si tenevano<br />

sottobraccio. Questo modo di avanzare, tutti col medesimo passo, aiutava a tenere il<br />

rimo dei saltelli che facevano suonare i batacchi.<br />

I bamb<strong>in</strong>i, quando li <strong>in</strong>contravano, li deridevano recitando:<br />

- D<strong>in</strong>, don, saitis do schiacha maschkaras!!!<br />

- Maschkar. Maschkar ooh -<br />

- Dialla, dialla, ooohhh! Hitta, hitta, ooohhhh!”,<br />

salvo poi fuggire spaventati, <strong>in</strong>seguiti dalle maschere <strong>in</strong>fastidite che non perdevano<br />

occasione di sporcarli di fuligg<strong>in</strong>e e di grasso.<br />

Particolare attenzione merita l’altra maschera detta jutali (parola senza significato<br />

proprio).<br />

I vestiti, particolarmente ricercati, consistevano <strong>in</strong> un cappello ricoperto da un ampio<br />

velo colorato che scendeva a ricoprire <strong>in</strong>teramente il volto, una camicia e una gonna,<br />

entrambe bianche. Intorno alla vita una fascia alla quale erano legati molti nastri colorati;<br />

calze bianche e schkarpets. Anche queste maschere portavano guanti bianchi a<br />

coprire le mani.<br />

Esisteva la versione maschile e femm<strong>in</strong>ile: l’uomo portava legati al cappello dei<br />

lunghi nastri colorati che gli scendevano sulle spalle f<strong>in</strong>o ai piedi, un gilè e, al posto<br />

della gonna, dei mutandoni bianchi al g<strong>in</strong>occhio, arricchiti con pizzi.<br />

Una caratteristica di queste maschere era la discrezione e la silenziosità, che bene<br />

si associavano al colore bianco dei vestiti facendone quasi delle presenze impalpabili.<br />

Quaderni di <strong>cultura</strong> <strong>timavese</strong>

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