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Cop. quaderni cultura timavese - Taic in Vriaul

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GIULIO DEL BON - MAURO UNFER<br />

ricevettero il battesimo e ad ognuno di loro fu imposto un nome.<br />

Di costoro, non si seppe mai l’esatta provenienza: certamente, però, le madri non<br />

erano delle nostre zone. 15<br />

• violenza <strong>in</strong> famiglia •<br />

La famiglia, culla dell’amore e del rispetto reciproco è stata, purtroppo, anche il<br />

luogo dove sono accaduti numerosi episodi di violenza. Fra le mura domestiche si<br />

annidava anche il male, antico come il mondo, che poteva portare, allora come oggi,<br />

alle più <strong>in</strong>immag<strong>in</strong>abili conseguenze. Delle numerose aggressioni familiari di quei secoli<br />

lontani, descriviamo alcune avvenute tra figli e genitori, tra fratelli, tra sposi, rilevando<br />

che i protagonisti di tali reati appartenevano anche alle classi sociali elevate.<br />

Ci viene segnalato, <strong>in</strong>fatti, anche un episodio scellerato commesso dal notaio Valent<strong>in</strong>o<br />

Beltram<strong>in</strong>i da Tolmezzo. Nel 1565 costui, armato di un “manar<strong>in</strong>o”, si presentò<br />

un giorno <strong>in</strong> casa della madre e del patrigno, lanciando <strong>in</strong>giurie e con l’<strong>in</strong>tenzione di<br />

offenedere quest’ultimo. Essendosi la madre posta a difesa del marito, il Valent<strong>in</strong>o la<br />

percosse varie volte alla testa con l’ascia. Fu condannato al bando per un qu<strong>in</strong>quennio. 16<br />

Una semplice ancorchè animata discussione fra fratelli, degenerò al punto che uno<br />

dei due litiganti perse la vita. Protagonisti furono Ermacora e Nicolò Iosio da Solars di<br />

Monaio (Ravascletto) ed il fatto avvenne, <strong>in</strong> quella villa, nel 1605.<br />

La sera della vigilia dell’Epifania, trovandosi il Nicolò nell’abitazione del fratello<br />

Ermacora ed avendo gli stessi fratelli litigato, mentre il primo si apprestava a rientrare<br />

a casa propria fu raggiunto dall’Ermacora il quale, “guidato da diabolico spirito...<br />

habbia subito tolto un pezzo di legno,... et con esso legno gli habbia menato una<br />

percossa et colto nel fronte dalla banda zanca, rompendo la codiga et il craneo,<br />

qual gli fraccava sul cervello, per la qual percossa detto Culai (Nicolò) Iosio<br />

subito cascò <strong>in</strong> terra, et per essa percossa quella notte poco avanti giorno passò<br />

da questa vita, et è morto...”.<br />

Per l’omicidio del fratello Nicolò, Ermacora Iosio, il quale si era reso latitante, fu<br />

posto al bando perpetuo, con la m<strong>in</strong>accia di perdere la testa nel caso avesse rotto i<br />

conf<strong>in</strong>i. 17 Abbiamo riscontrato che, il più delle volte, l’omicidio fu la conseguenza di un<br />

impeto d’ira a seguito di aspre liti. Non fu così nel caso di Domenica, maritata con<br />

Giovanni Giuseppe Camuc<strong>in</strong>o da Tolmezzo, la quale premeditatamente fece, nel 1606,<br />

“deliberatione di levar di vita detto suo marito”. Ella, avendo precedentemente<br />

fatto asportare di casa tutta la propria biancheria, “mentre detto ser Zuanne Iseppo<br />

(Giovanni Giuseppe), dopo suonata l’Avemaria, fusse andato a letto a dormire<br />

prima di essa Menica (Domenica), dalla quale esso non sospettava <strong>in</strong> ciò cos’alcuna,<br />

sia con bel modo <strong>in</strong>tratenuta d’andar a dormire f<strong>in</strong> tanto che detto ser<br />

Zuan Iosefo fu preso dal sonno, qual adormentato che fu, habbia subito preso<br />

<strong>in</strong> mano un pestello che a tal effetto apparecchiato haveva, et con esso con tutte<br />

sue forze gli habbia menato un colpo sopra la testa, et ferito d’una profonda e<br />

mortal ferita, havendolo colto sopra la tempia s<strong>in</strong>istra, tagliando la codega,<br />

craneo, et cervello; et subito ciò commesso si sia tolta di casa...”. In conseguenza<br />

56<br />

Quaderni di <strong>cultura</strong> <strong>timavese</strong>

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