Cop. quaderni cultura timavese - Taic in Vriaul
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PIETRO ADAMI<br />
Nel frattempo si lavano le budella che vengono riempite con il sangue, qu<strong>in</strong>di chiuse e<br />
messe a bollire. Si raffreddano poi, si tagliano a fette e si mangiano rosolate nello<br />
strutto...”;<br />
• <strong>in</strong> bild<strong>in</strong>kaffe, una sorta di bevanda s<strong>in</strong>golarissima, che proprio vero caffè non<br />
è, ma semplicemente un grossolano surrogato. Secondo una antica usanza importata<br />
dall’Austria si utilizzava allo scopo un tipo di fava coltivata a Timau ai bordi di tanti orti<br />
familiari. Il frutto era costituito da bacelli piuttosto simili ai fagioli, di color grigio, un po’<br />
tondeggianti che si mettevano a seccare al sole e poi ad abbrustolire, cercando di<br />
uniformarne la cottura. I bacelli cotti diventavano neri e venivano mac<strong>in</strong>ati, ottenendosi<br />
una polvere - alle volte f<strong>in</strong>issima - che si metteva <strong>in</strong> un piccolo contenitore con<br />
acqua. Il risultato era un liquido scurissimo, molto amaro e forte, che si gustava zuccherato<br />
e “...tanto caldo quanto lo si poteva sopportare.” Era <strong>in</strong>dicato anche come<br />
digestivo o contro il mal di pancia, comunque come “...ottimo rimedio contro la rozzezza<br />
di alcuni cibi...”.<br />
Un altro surrogato, pure un tempo molto corrente, era <strong>in</strong> kaffee m<strong>in</strong> piachlan<br />
cioè di semi di faggio ovvero faggiole.<br />
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• La Schultar •<br />
L’apporto senza dubbio più significativo proveniente dalla Car<strong>in</strong>zia, <strong>in</strong> particolare<br />
dalla alta Valle del Gail (e del Lesach), radicato da secoli nella cuc<strong>in</strong>a di Timau, f<strong>in</strong>o a<br />
diventarne peculiarità dist<strong>in</strong>tiva è la Schultar, ovvero la spalla di maiale affumicata. Il<br />
rituale di preparazione, gelosamente custodito <strong>in</strong> ambito familiare, è tuttora assolutamente<br />
artigianale e si può riassumere come segue.<br />
• Scelta e preparazione della carne.<br />
Perchè la carne di spalla sia adeguata - secondo un anziano <strong>in</strong>formatore locale - il<br />
maiale deve essere “...affidato tradizionalmente alle cure delle donne, perchè <strong>in</strong> fatto<br />
di affettuosità si dice che esse lo preferiscano addirittura agli stessi propri parenti...”.<br />
La sua alimentazione ha da essere curata con equilibrio, <strong>in</strong> quanto solo giuste razioni di<br />
far<strong>in</strong>a e di cereali nel pastùm evitano una magrezza eccessiva della bestia, rendendo<br />
la carne poco adatta alla lavorazione. Il capo predest<strong>in</strong>ato deve aver poi riposato una<br />
notte e a volte anche più a lungo e vedersi il suo pasto abituale arricchito da dosi più<br />
cospicue di far<strong>in</strong>a di mais, <strong>in</strong> modo che esso “...si distragga e non abbia ad avvertire<br />
quanto gli sta per succedere...”. Si era ed è curiosamente conv<strong>in</strong>ti, <strong>in</strong>fatti, che l’eventuale<br />
tensione comportasse un notevole scadimento della qualità della carne, soprattutto<br />
nei capi dotati di poco grasso.<br />
Il maiale deve essere <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e macellato - preferibilmente <strong>in</strong> giornate dal clima asciutto<br />
con estrema destrezza, dovendosi paradossalmente evitare all’animale, anche <strong>in</strong> questa<br />
delicata fase, ogni tormento <strong>in</strong>utile, capace di rendere più difficile l’importante<br />
operazione successiva di dissanguamento.<br />
Lo sgocciolamento dura uno o due giorni circa, durante i quali, perdendo il suo<br />
Quaderni di <strong>cultura</strong> <strong>timavese</strong>