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Capo 5 - Il contesto - stragi80.it

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giorni. Questi il giorno dell’attentato si era recato presso l’abitazione della<br />

vittima intorno alle 11.00; insieme avevano visto la televisione e pranzato.<br />

L’Abdelmabi aveva più volte invitato il Barghalì a rientrare in Libia,<br />

ricevendone fermi dinieghi. Poco dopo le 14.00 allorchè stava per prendere<br />

congedo - così sintetizza la Corte d’Assise - il primo, giunto alla porta,<br />

s’era voltato di scatto, aveva estratto una pistola e dopo aver gridato<br />

“Gheddafi, Gheddafi!” aveva esploso tre colpi contro l’altro, ferendolo, con<br />

i primi due colpi alla testa e ai glutei, mancando il bersaglio, allorchè la<br />

vittima era già caduta a terra, al terzo. Abdelmabi dichiarava che dopo l’11<br />

giugno secondo il tribunale del popolo libico tutti i libici residenti all’estero<br />

avevano l’obbligo di rimpatriare; che egli aveva il compito di fare opera di<br />

convinzione in questo senso e in caso contrario di giustiziare i suoi<br />

connazionali; così come aveva fatto con Barghalì offrendogli dapprima il<br />

biglietto aereo e poi, al suo rifiuto, esplodendo contro di lui colpi di pistola.<br />

Aggiungeva di non aver avuto intenzione di uccidere il suo connazionale<br />

bensì solo di ferirlo; che aveva ricevuto ordini direttamente dalla Libia e di<br />

non aver preso contatti con alcuno a Roma; che compiuta la missione nei<br />

confronti di Barghalì, sarebbe rimasto a Roma e non avrebbe avuto difficoltà<br />

a giustiziare altre persone, se così gli fosse stato ordinato. Di fronte ad una<br />

parziale ritrattazione sulla motivazione del viaggio, ferma la conclusione<br />

della Corte sulla motivazione del gesto: “Non si trattò di un fatto<br />

determinato da motivazioni di ordine privato bensì da un’azione compiuta<br />

nell’ambito di un quadro ben preciso avente connotati strettamente<br />

politici...”. In tal senso l’esclamazione “Gheddafi, Gheddafi!” al momento di<br />

sparare; l’ostinato silenzio, come per consegna ricevuta, sulla provenienza<br />

dell’arma; il riferimento ad ordini ricevuti di portarsi in Italia e giustiziare i<br />

connazionali che non avessero aderito all’obbligo di rimpatriare;<br />

l’ammissione della sua appartenenza ad un’organizzazione rivoluzionaria<br />

dedita al terrorismo, che ha a vertice operativo i tribunali del popolo. In tal<br />

senso anche le conclusioni di PG, che riferivano, riesaminando quanto si è<br />

descritto nei paragrafi precedenti, del compimento in uno strettissimo<br />

periodo di tempo di una serie di analoghi attentati, a Roma e a Milano, tutti<br />

motivati identicamente, e cioè dalla pretesa di ricondurre in patria i<br />

recalcitranti. In tal senso le testimonianze della vittima e della sua compagna<br />

greca; il primo che riferisce che Abdelmabì aveva manifestato il proposito<br />

di uccidere altro connazionale di nome “Ouzdine”, che proprio il giorno del<br />

presunto attentato, fu ucciso a Milano - e su cui al paragrafo prossimo -; la<br />

seconda che riferisce sulla condizione di terrore in cui all’epoca vivevano i<br />

libici di Roma per effetto dei proclami gheddafiani e dell’attività dei suoi<br />

sicari. In tal senso infine gli spostamenti in Europa ed in Nord-Africa<br />

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