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“umiliazioni” senza essere adeguatamente sostenuto, almeno moralmente;<br />
sarebbe per me fonte di ben più grave contrarietà se tali penose vicende<br />
dovessero nuovamente ripetersi”.<br />
Al S.I.S.MI pertanto andavano devolute le richieste concernenti la<br />
sicurezza dei libici in Italia. A tal riguardo il Ministro Gaud aveva richiesto:<br />
“(1) Possibilità di soggiorno in Italia per i libici che studiano, commerciano,<br />
sono in cura, e, comunque vivono senza complottare contro il governo<br />
libico; (2) possibilità di avvicinare i cittadini libici renitenti alla leva; qualora<br />
questi avessero acconsentito a rientrare sarebbe stato loro consegnato un<br />
biglietto aereo gratis e concesso il perdono; qualora non volessero fare<br />
rientro in patria, allo scadere del permesso di soggiorno avrebbero dovuto<br />
essere accompagnati ad una frontiera di loro gradimento; (3) controllo di<br />
quei libici che vivono in Italia (poche unità) e sono sospettati di complottare<br />
contro il governo libico. Al riguardo veniva richiesta una collaborazione per<br />
conoscere il luogo ove è stampato il noto giornale della dissidenza e i nomi<br />
dei promotori” (v. atti trasmessi dalla PCM con missiva del 20.03.97).<br />
Come s’è visto il generale Jucci nel corso di queste missioni incontra<br />
la dirigenza libica ai massimi livelli riuscendo a trovare punti d’intesa che<br />
difficilmente altri interlocutori sarebbero riusciti a trovare. <strong>Il</strong> generale sentito<br />
a testimone ha così rievocato la vicenda: “Ricordo la missione che effettuai<br />
nel 79 in Libia per la soluzione della questione del sequestro di pescherecci<br />
italiani e dell'arresto dei relativi equipaggi. Ricevetti l'incarico dall'allora<br />
Presidente del Consiglio, on.leCossiga. Ricordo che avendo collaborato con<br />
Cossiga come Ministro dell'Interno al tempo del sequestro Moro per la<br />
costituzione di uno speciale gruppo di teste di cuoio che traemmo dal col<br />
Moschin e addestrammo allo specifico intervento, il Presidente ritenne<br />
opportuno affidare a me la mediazione, per la quale più volte chiesi di essere<br />
esonerato, perché ritenevo che il compito potesse essere meglio assolto dai<br />
Servizi. Io all'epoca, come ho già detto, ero generale di brigata del SIOS<br />
Esercito. <strong>Il</strong> presidente Cossiga mi disse che tutti i tentativi erano stati fatti ed<br />
erano andati a vuoto e che quindi mi pregava di accettare l'incarico. Chiesi al<br />
Presidente del Consiglio di svolgerlo come rappresentante straordinario del<br />
governo. In tal senso fui incaricato da Cossiga e tramite l'Ambasciatore<br />
italiano in Libia, conte Marotta, in tal veste fui accreditato presso le autorità<br />
libiche. L'incarico era quello di far liberare i sedici o numero simile di<br />
marittimi e di porre le basi di un accordo che potesse evitare il ripetersi di<br />
simili situazioni. In loco avrei dovuto accertare le richieste dei libici e vedere<br />
in pratica cosa si potesse fare. Come primo incarico dovevo far rispondere a<br />
una o due lettere inviate dal Presidente della Repubblica Pertini al presidente<br />
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