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di addestramento di routine, in quanto normalmente questo tipo di voli non<br />
veniva registrato.<br />
Tuttavia nell’aprile del 95 il giornalista Andrea Purgatori consegnava<br />
degli articoli stampa apparsi su giornali americani, sul detto rischieramento<br />
di caccia Phantom americani nella Repubblica d’Egitto e sul ponte aereo<br />
militare americano, avvenuto anche il giorno 26.06.80 per garantire loro la<br />
necessaria assistenza a terra (v. esame Purgatori Andrea, GI 20.04.95).<br />
Dalla lettura di questi articoli emergevano nuovi elementi sulla così<br />
detta “Operation Proud Phantom”; precisamente che in data 10.07.80, era<br />
giunto, come noto, in Egitto, dopo un volo senza scali durato 13 ore, uno<br />
squadrone di dodici velivoli F-4 Phantom. I velivoli per tre mesi dovevano<br />
essere impiegati per compiere esercitazioni congiunte con l’Aeronautica<br />
egiziana per consentire a quest’ultima di familiarizzare con il sistema d’arma<br />
F-4 e per dar modo ai piloti dei velivoli americani di acclimatarsi<br />
all’ambiente desertico del Golfo Persico. Quest’ultima necessità, si leggeva,<br />
era stata dettata dai molteplici interessi degli Stati Uniti in quell’area legati<br />
alle situazioni critiche ancora in corso, come il sequestro del personale<br />
dell’ambasciata americana da parte degli integralisti islamici in Iran e<br />
l’invasione dell’Afganistan da parte dei sovietici.<br />
Inoltre secondo la rivista specializzata americana “Aviation Week and<br />
Space Technology” distribuita nelle edicole il 23.06.80, l’esercitazione oltre<br />
agli scopi già descritti ne nascondeva un altro; secondo il rapporto come si è<br />
già detto, di un anonimo analista sul Medio Oriente la preoccupazione dei<br />
governanti locali era la forza aerea, in quanto forza molto “versatile” sia per<br />
sferrare un attacco che per una difesa di “prima linea”. <strong>Il</strong> rischieramento di<br />
dodici velivoli in Egitto, nazione con il più grande esercito del Medio<br />
Oriente, probabilmente poteva costituire un incoraggiamento ad un<br />
atteggiamento intransigente nei confronti dello Stato libico, spianando<br />
probabilmente la strada a una probabile invasione della Libia, alla conquista<br />
dei pozzi di petrolio e alla “detronizzazione del colonnello Gheddafi”.<br />
Va anche rilevato che il maggiore libico Idriss Sheibi si rivolge,<br />
proprio in questo periodo all’Egitto, dove avevano trovato asilo, numerosi<br />
dissidenti libici, per attuare il piano insurrezionale della guarnigione di<br />
Tobruk, che si risolse nel sangue nell’agosto dell’80 e portò all’arresto di<br />
cittadini italiani che avevano accettato l’incarico di mediatori tra gli insorti e<br />
gli egiziani. Ma su questa vicenda si farà riferimento più oltre.<br />
Non deve dimenticarsi infine che nella già citata autobiografia il<br />
presidente francese Giscard d’Estaing aveva sottolineato pure un progetto<br />
del presidente egiziano Sadat di rovesciamento del regime di Gheddafi, per<br />
il quale nutriva una radicale avversione. Propositi che Sadat gli aveva<br />
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