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Capo 5 - Il contesto - stragi80.it

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omicidio che peraltro avevo lungamente premeditato. L’Aref era un nemico<br />

del popolo libico e ciò io sapevo...Peraltro l’Aref era parente di Omar El<br />

Maeggi e cioè di uno dei capi di una organizzazione che nel 71 aveva<br />

tentato di destituire Gheddafi. Amando Gheddafi perchè ha dato il potere al<br />

popolo libico, mi sono sentito in dovere di uccidere Aref... . Quando<br />

incontrai l’Aref la prima volta gli dissi “o torni in Libia o stai zitto nel senso<br />

che non devi mai parlare male della mia patria. L’Aref mi rispose che<br />

sarebbe tornato in patria quando voleva. A questo punto lo avvertii che se<br />

non fosse tornato in Libia avrei proceduto al suo omicidio...”.<br />

Come detto la salma di Aref insieme a quella di Gialili venne rispedita<br />

in Italia il 30 aprile di quell’anno con volo delle linee nazionali libiche<br />

all’aeroporto di Fiumicino in due casse di legno che emanavano forte odore<br />

nauseabondo. Da lettera di accompagnamento e da targhette apposte sulle<br />

casse, esse avrebbero dovuto contenere i resti mortali di Mohamed Salem<br />

Ritemi e di Aref Gialili Abdul assassinato negli ultimi tempi a Roma.<br />

La Corte d’Assise condannò l’Uhida alla pena dell’ergastolo, avendo<br />

escluso sia l’esimente dell’esecuzione di ordine dell’Autorità libica - nella<br />

specie i Comitati Rivoluzionari Libici, che avrebbero emesso la sentenza di<br />

morte e pagato le spese dell’esecuzione - sia le attenuanti del particolare<br />

valore morale dell’atto e quelle generiche. Di questa pena il condannato - e<br />

non è poco per casi del genere - sconta fino al 5 ottobre ‘86, data in cui<br />

viene posto in libertà.<br />

<strong>Il</strong> terzo attentato fu commesso a danni di El Khazuni Abdallah il 10<br />

maggio. L’omicidio fu compiuto all’interno del bar dell’albergo Torino di<br />

via Principe Amedeo a Roma. Gli uccisori furono descritti dai testimoni<br />

come di razza araba, probabilmente connazionali della vittima. Per<br />

favoreggiamento fu arrestato il cugino El Khazuni Mohamed Falhi,<br />

anch’esso di cittadinanza libica. Si accertava, grazie alla testimonianza della<br />

moglie dell’ucciso, che costui era un “collaboratore dei Servizi segreti<br />

libici” ed aveva rinnovato a suo cugino, proprio il giorno precedente<br />

all’assassinio, l’invito a lavorare per quei servizi prospettandogli i vantaggi<br />

della scelta, quali la libertà di partire dalla Libia e rientrarvi a piacimento, e<br />

la possibilità di guadagnare uno stipendio.<br />

<strong>Il</strong> Giudice Istruttore prosciolse però il 24 novembre l’imputato<br />

giacchè a suo discarico i Servizi di Sicurezza italiani avevano dichiarato “di<br />

non essere a conoscenza del fatto che il prevenuto appartenesse ai Servizi<br />

Segreti libici”. Ma v’è di più: nonostante l’accusa d’essere a conoscenza dei<br />

nominativi degli assassini e di altre circostanze relative al delitto, il Khazuni<br />

era già stato posto in libertà provvisoria il 20 giugno, ad appena un mese e<br />

nove giorni dall’arresto.<br />

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