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Volume 2 (61 Mb) - Comune di Uggiate-Trevano

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UGGIATE TREVANO UNA COMUNITÀ E LA SUA PIEVE<br />

«I mobili <strong>di</strong> legno od altri esistenti nella stanza si laveranno con forte<br />

ranno, se non potranno soffrire detrimento, ed in caso <strong>di</strong>verso con acqua<br />

semplice». 44<br />

Ma queste cose scattavano, purtroppo, a contagio già avvenuto. Si è<br />

visto che nei nostri paesi uno dei vettori più pericolosi era l’acqua delle<br />

rogge, che in Val Mulini veniva bevuta, magari dopo che a monte erano<br />

stati lavati dei panni sporchi. Nelle corti poi, quando non c’era l’acqua<br />

potabile e si attingeva ai pozzi, il rischio <strong>di</strong> inquinamento dell’acqua era<br />

forte, anche per la vicinanza <strong>di</strong> pozzi neri, che raccoglievano i liquami <strong>di</strong><br />

stalle e <strong>di</strong> latrine. E vi passeggiavano spesso e volontieri galline che infioravano<br />

l’aia <strong>di</strong> escrementi, calpestati con gli zoccoloni dei conta<strong>di</strong>ni<br />

che andavano e venivano tra stalla e casa. Ed i bambini giocavano magari<br />

ruzzolando per terra e portandosi le manine sporche in bocca… Come<br />

meravigliarsi degli infiniti casi <strong>di</strong> «verminazione»? E se tra gli ospiti invisibili<br />

arrivava il vibrione, il colera era bell’e servito.<br />

L’unico a fare qualche affare era il farmacista <strong>di</strong> <strong>Uggiate</strong>, Antonio Cariboni<br />

(quello del 1855), che forniva ai comuni l’acido solforico; ma<br />

qualche volta lo passava per carità: «Il sottoscritto intende <strong>di</strong> aver somministrato<br />

per carità a questi due comuni <strong>di</strong> <strong>Trevano</strong> e Romazzana e<br />

Mugnai l’aceto canforato». 45<br />

Come si arrivò a debellare il colera? Ci si rese conto che, con tutto il<br />

rispetto per la protezione dei santi, non serviva tanto fare processioni votive<br />

da una parte o dall’altra; anche se non si mancava <strong>di</strong> invocare fervorosamente<br />

san Rocco, cui si de<strong>di</strong>cò una cappella a Somazzo, con esposizione<br />

della statua nel 18<strong>61</strong>.<br />

Nel 1865 si istituì una commissione sanitaria, formata dal me<strong>di</strong>co<br />

condotto e da rappresentanti comunali, e talvolta anche dai parroci, che<br />

andava a spiegare ai conta<strong>di</strong>ni come fosse necessario impermeabilizzare<br />

le letamaie per evitare percolazioni nella falda acquifera; tenere pulite le<br />

corti, servirsi <strong>di</strong> acqua <strong>di</strong> sorgente. Anzi, fu allora che si cominciò a capire<br />

l’importanza <strong>di</strong> avere, oltre ad adeguati lavatoi, un acquedotto sicuro.<br />

Qualche comune avrebbe utilizzato una legge fatta per Napoli in occasione<br />

<strong>di</strong> un’ondata <strong>di</strong> colera negli anni ’80, per avere mutui e finanziamenti<br />

a questo scopo. E <strong>di</strong> colera non si parlò più.<br />

Ma in Valmulini, dove l’acquedotto arrivò solo 50 anni fa circa, sarebbe<br />

talora subentrato il tifo. Sembra storia da Me<strong>di</strong>oevo; eppure è appena<br />

girata <strong>di</strong>etro l’angolo.

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