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Volume 2 (61 Mb) - Comune di Uggiate-Trevano

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UGGIATE TREVANO UNA COMUNITÀ E LA SUA PIEVE<br />

Raimon<strong>di</strong>, Lucini, Della Torre <strong>di</strong> Mendrisio, Della Croce…) per verificare<br />

che anche le prebende locali servirono spesso a risolvere i problemi<br />

della vita a cadetti <strong>di</strong> famiglie nobili.<br />

Se spariva il maggiorasco, era logico creare le con<strong>di</strong>zioni per allargare<br />

il patrimonio delle famiglie nobiliari. Divenne così consequenziale<br />

l’abolizione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> manomorta, che rendeva inalienabili i beni ecclesiastici,<br />

che formavano la ren<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> conventi e monasteri, oltre che<br />

delle chiese. Con la sua soppressione si potevano mettere in circolo le<br />

proprietà fon<strong>di</strong>arie ecclesiastiche, che in alcuni dei nostri paesi arrivavano<br />

a comprendere il 40-50 per cento del territorio comunale, e laddove<br />

erano meno estese, comunque erano corpose.<br />

A condurre l’operazione nello Stato <strong>di</strong> Milano fu l’imperatore Giuseppe<br />

II (1780-1790), figlio e successore <strong>di</strong> Maria Teresa d’Austria, che<br />

rivide il quadro giuri<strong>di</strong>co ecclesiastico, per poter estendere negli affari <strong>di</strong><br />

Chiesa la giuris<strong>di</strong>zione statuale (in materia giu<strong>di</strong>ziaria ed amministrativa,<br />

ed in parte anche canonica), tanto da meritarsi il soprannome <strong>di</strong> «re sagrestano».<br />

Tra i provve<strong>di</strong>menti adottati tra il 1781 e il 1786 (ma già negli anni<br />

’70 erano stati chiusi alcuni piccoli conventi maschili) vi fu, tra l’altro, la<br />

soppressione <strong>di</strong> tutti i monasteri e conventi che non avessero un certo<br />

numero <strong>di</strong> religiosi (almeno 6), riportando l’amministrazione dei loro<br />

posse<strong>di</strong>menti ad un «Fondo <strong>di</strong> Religione» gestito dagli uffici governativi<br />

del Regio Economato Generale.<br />

Vi entrarono naturalmente i beni dei monasteri, che abbiamo visto essere<br />

proprietari a <strong>Trevano</strong> e ad <strong>Uggiate</strong>, che finirono tra quelli soppressi.<br />

Era poi ricondotta al «Sub-Economato per i benefici vacanti», presente in<br />

ciascuna <strong>di</strong>ocesi, l’amministrazione dei benefici secolari (ossia dei beni<br />

delle chiese rette da preti <strong>di</strong>ocesani) quando erano sprovvisti <strong>di</strong> titolare.<br />

I beni degli enti ecclesiastici soppressi furono gradualmente «concessi<br />

a livello», oppure venduti a riscatto, comunque volturati in possesso <strong>di</strong><br />

laici, me<strong>di</strong>ante aste pubbliche (cui talora partecipavano <strong>di</strong>rettamente anche<br />

i funzionari degli uffici fiscali, ben informati dal <strong>di</strong> dentro sulla consistenza<br />

ed i valori in gioco). Una parte dei beni <strong>di</strong> alcuni enti religiosi fu<br />

assegnata agli ospedali, per incrementarne le fonti <strong>di</strong> sostegno. Così avvenne,<br />

ad esempio, per una parte dei beni delle Monache <strong>di</strong> Santa Chiara<br />

(che in pieve <strong>di</strong> <strong>Uggiate</strong> ne possedeva a Ronago, <strong>Trevano</strong> e Caversaccio),

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