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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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VOCE NELL’OSCURITÀ, MAPPA DELLA MEMORIA 109<br />

gli artisti americani di colore che avevo visto e sentito in televisione,<br />

che suonavano il blues, il rhythm and blues (R&B) e il soul.<br />

Forse solo il trasgressivo stile effeminato di Little Richard si poteva<br />

considerare un accenno stravagante alla possibilità di avere in<br />

futuro un Hendrix, ma lo stesso non si può dire, certamente, di<br />

Otis Redding, Sam e Dave o Wilson Pickett. Tuttavia, se avessi<br />

deciso di soffermarmi di più sui suoni <strong>del</strong>la musica soul degli anni<br />

Sessanta, inevitabilmente avrei finito per incappare in varie <strong>del</strong>le<br />

traiettorie sonore e dei percorsi musicali che hanno contribuito<br />

alla costruzione <strong>del</strong>l’itinerario di Hendrix.<br />

Oggi ascoltare Hendrix apre a un tipo di esistenza in cui la<br />

musica testimonia una scansione <strong>del</strong> tempo alternativa (il tempo<br />

<strong>del</strong>la modernità, <strong>del</strong>la città e <strong>del</strong>l’Occidente), che mi trasporta in<br />

una narrazione, in una canzone, in un pianto, in cui il suono svela<br />

una storia che mette in discussione la propensione a ridurre la<br />

musica a una moribonda genealogia di influenze stilistiche. Se il<br />

linguaggio è la dimora <strong>del</strong>l’essere, allora gli stili musicali sono, essi<br />

stessi, dichiarazioni ontologiche: un’eco che rimbomba al di<br />

fuori <strong>del</strong>le circostanze che tradiscono ben più di una semplice<br />

modifica <strong>del</strong>la sintassi musicale. Di questa più vasta potenzialità<br />

all’epoca coglievo soltanto un barlume, che pure ha continuato ad<br />

attirare la mia attenzione, a tormentarmi nei miei interessi successivi.<br />

Jimi Hendrix continua a perseguitare la mia vita. Al di là <strong>del</strong>la<br />

tragedia <strong>del</strong>la sua scomparsa improvvisa, c’è la questione <strong>del</strong><br />

suono che ho ereditato, che continua a esistere, a vivere, ponendo<br />

un enigma che mi sprona a rispondere.<br />

Per molti di coloro che facevano parte <strong>del</strong> suo pubblico, all’epoca<br />

in prevalenza costituito da bianchi, la sua musica ribelle e la<br />

sua capigliatura altrettanto ribelle identificavano Hendrix con “il<br />

selvaggio” che da sempre popolava l’immaginario europeo, mettendone<br />

a repentaglio l’ordine. Provenendo da qualcosa che andava<br />

oltre l’esperienza immediata, il suo stile musicale e la sua<br />

sessualità rivelavano per alcuni la seduzione, per altri l’orrore <strong>del</strong>l’Es.<br />

Io però ritengo che ci fosse anche un sottile esotismo (ed<br />

erotismo) che avvolgeva questo chitarrista nero di Seattle, che<br />

contribuiva a confondere sia lo stereotipo eurocentrico che l’immaginario<br />

nero. Sul palco, nell’amplesso pubblico con la propria<br />

chitarra prima di raggiungere il culmine, in cui lo strumento veniva<br />

dato alle fiamme in un sacrificio simbolico, l’eccesso <strong>del</strong> rock

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