Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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220 IAIN CHAMBERS<br />
che vede nella “casa” la conferma di un edificio unico e unilaterale<br />
di guadagno significa rivelare le particolarità <strong>del</strong>la voce e<br />
<strong>del</strong> luogo, <strong>del</strong>la storia e <strong>del</strong> corpo, <strong>del</strong> dolore, <strong>del</strong>la memoria e<br />
<strong>del</strong> silenzio.<br />
Tutto ciò suggerisce qualcosa che va al di là di una semplice<br />
correzione teorica sul piano <strong>del</strong> pensiero, perché ascoltando l’insistente<br />
supplemento <strong>del</strong> silenzio – a ciò che in precedenza era<br />
considerato privo di senso, incomprensibile e indecifrabile prima<br />
<strong>del</strong>la traduzione – comincio a recepire che il mio linguaggio, la<br />
mia identità, la mia storia, la mia voce dipendevano solo dal consegnare<br />
violentemente all’oblio tutto ciò che le turbava. Sebbene<br />
non possa, chiaramente, parlare di questo silenzio, questo altro<br />
lato represso <strong>del</strong> mio essere, posso concedergli uno spazio, come<br />
il respiro tra le parole, l’aria nella respirazione: essenziale, ma perennemente<br />
trascurato (Irigaray 1983). Ecco che la faccia <strong>del</strong>l’altro<br />
emerge da una carta geografica, per irrompere nell’anonima,<br />
astratta cartografia <strong>del</strong>la ragione occidentale. È proprio l’evitare<br />
la faccia <strong>del</strong>l’altro, sostiene Lévinas, che rende possibili l’omicidio<br />
anonimo e il massacro astratto: l’apice tecnologico di un razionalismo<br />
mortale in passato concentrato nel proverbiale dito<br />
sul pulsante, questi giorni più probabilmente consegnato alla risposta<br />
programmata di un microchip. La faccia invita a una risposta<br />
che non può essere semplicemente ipotetica: chiede una<br />
cura che non sia solo teorica. “Per questo c’è un abisso tra il ‘filosofare’<br />
sul naufragio e un pensiero che davvero naufraga”<br />
(Heidegger 1946, p. 296).<br />
Esporsi<br />
Pensando all’evento <strong>del</strong> pensiero in un <strong>mondo</strong> in cui il pensiero<br />
accade e al contempo occlude, mi sento costretto a sottoscrivere<br />
un senso <strong>del</strong> luogo che ecceda le connotazioni limitative <strong>del</strong><br />
“locale”, <strong>del</strong>lo “storico” e <strong>del</strong> “tradizionale”. Senza dubbio, questo<br />
significa prestare scarsa attenzione alle soglie disciplinari. Insistere<br />
sulle conseguenze ontologiche di pensare al locale, di pensare<br />
al luogo e alla dimora, significa insistere sui limiti potenti di<br />
uno spazio esecutivo in cui non vengono soltanto sanciti il linguaggio,<br />
la storia e la tradizione che mi costituiscono come “sog-