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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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Capitolo quinto<br />

Architettura, amnesia e il ritorno <strong>del</strong>l’arcaico<br />

Dopo aver dimorato, come essere concreto, in esso,<br />

andando al di là <strong>del</strong> sapere, <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong>l’idea<br />

in cui il soggetto vorrà, a cose fatte, racchiudere il fato<br />

di dimorare che non ha misura comune con un sapere<br />

(Lévinas 1961, p. 156).<br />

Nel 1924 Walter Benjamin e Asja Lacis scrivevano, in un<br />

commento in seguito molto citato, che la città di Napoli è fatta<br />

di un’“architettura porosa” (Buck-Morss 1989; Burgin 1996;<br />

Leslie 1999). Il principale materiale da costruzione è il tufo giallo,<br />

materia vulcanica che scaturisce dagli abissi marini e si solidifica<br />

a contatto con l’acqua di mare. Trasformata in abitazione,<br />

questa roccia porosa riporta gli edifici all’umidità <strong>del</strong>le loro origini.<br />

In questo incontro drammatico con gli elementi dei tempi<br />

antichi (terra, aria, fuoco e acqua), sono già presenti gli estremi<br />

incalcolabili che coordinano la vita quotidiana dei napoletani. Il<br />

tufo friabile, figlio <strong>del</strong> violento connubio di vulcano e mare, fuoco<br />

e acqua, è sintomatico <strong>del</strong>l’instabile edificazione <strong>del</strong>la città.<br />

Inoltre, l’utilizzo <strong>del</strong> tufo rivela un evidente imbroglio nella<br />

struttura stessa <strong>del</strong>la città. Avendo le autorità spagnole, nel tentativo<br />

di tenere sotto controllo lo sviluppo urbano, proibito di<br />

importare materiale da costruzione, i napoletani hanno estratto<br />

la pietra vulcanica letteralmente da sotto i loro piedi, ricacciando<br />

nuovamente questo materiale verso il cielo. Il suolo sottostante<br />

la città è cavo, crivellato dalle caverne che ne sono derivate.<br />

Non soltanto la vita di oggi è costituita da materiali instabili<br />

e fisicamente inaffidabili, ma anche le sue fondamenta sono sospette<br />

da un punto di vista legale e geologico. Per citare il libro<br />

Il Dramma barocco tedesco <strong>del</strong> 1928, che Benjamin scrisse sul<br />

teatro barocco tedesco <strong>del</strong> lutto mentre si trovava a Capri, Napoli<br />

è un’allegoria <strong>del</strong>le forze precarie <strong>del</strong>la modernità. Come<br />

negazione perpetua <strong>del</strong>la presunta ineluttabilità <strong>del</strong> “progresso”,<br />

come continuo mettere in discussione le sue fondamenta, la<br />

città propone continuamente un suolo fisico e filosofico che

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