Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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112 IAIN CHAMBERS<br />
altrove la dimora <strong>del</strong>la cultura. Furono i critici musicali e <strong>culturali</strong><br />
bianchi, ansiosi di salvaguardare il proprio concetto di musica<br />
nera “autentica” (nonché la posizione subalterna che essa rappresentava)<br />
che, per esempio, persuasero Big Bill Broonzy, durante la<br />
sua tournée inglese negli anni Cinquanta, ad abbandonare la chitarra<br />
elettrica contemporanea e il suono <strong>del</strong>la Chicago band per<br />
abbracciare uno stile acustico solista precedente. A questo punto,<br />
l’“autenticità” aveva chiaramente un significato maggiore per i<br />
guardiani <strong>del</strong>la cultura egemone, bianca, e <strong>del</strong>la sua estetica, piuttosto<br />
che per chi si supponeva la incarnasse.<br />
Passare al rhythm and blues equivaleva a passare a un tipo di<br />
musica in cui la presunta antitesi tra musica nera “autentica” (il<br />
blues rurale <strong>del</strong>l’anteguerra) e la diavoleria “artificiale” <strong>del</strong>la città<br />
(la chitarra elettrica e la voce amplificata) veniva spesso volutamente<br />
ignorata da gran parte dei professionisti. Come pratica in<br />
fieri e interrogativo culturale <strong>del</strong>le possibilità storiche, questa musica<br />
formulava un’estetica che lasciava poco tempo alla nevrosi<br />
culturale sulla città e alle possibilità <strong>del</strong>la riproduzione tecnica. Si<br />
rifiutava di subire limitazioni a opera di siffatte preoccupazioni. I<br />
suoni e gli stili <strong>del</strong>le cantanti blues urbane (Ma Rainey, Bessie<br />
Smith, Memphis Minnie, Billie Holiday), che usavano tutte il microfono<br />
e la cui musica veniva amplificata per mezzo dei dischi,<br />
<strong>del</strong>la radio e <strong>del</strong>la pubblicità, aprirono nuovi orizzonti nella creazione<br />
di questa cultura urbana moderna.<br />
Quantunque spesso aspramente biasimato per ragioni di razza<br />
e di classe, il blues non era un fenomeno isolato, autoctono, “folcloristico”,<br />
bensì parte integrante <strong>del</strong>la modernità, centrale nella<br />
creazione <strong>del</strong>la cultura contemporanea e urbana. Ma mentre talvolta<br />
l’incursione di Hendrix nella musica rock pare che evochi<br />
un ritorno al blues maschile errante degli anni Venti e Trenta<br />
(Charlie Patton, Robert Johnson) foraggiato dalla tecnologia, le<br />
musiciste nere (come testimoniano le assai più difficili parabole di<br />
Chaka Khan con Rufus, o di Nona Hendryx) raccontavano una<br />
storia diversa, e caratterizzata da un successo minore. Ancora una<br />
volta, la sottocorrente romantica <strong>del</strong>l’autenticità, il bluesman itinerante,<br />
forniva un’angusta apertura, mentre la centralità <strong>del</strong>le<br />
voci <strong>del</strong>le cantanti nere nella musica urbana moderna continuava<br />
a limitarsi alle categorie, in gran parte inquadrate per razza, <strong>del</strong>la<br />
musica soul, oppure al successo <strong>del</strong>lo spettacolo sfarzoso <strong>del</strong>la