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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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62 IAIN CHAMBERS<br />

ro portata e <strong>del</strong>la loro comprensione: il <strong>mondo</strong> differenziato e la<br />

cornice terrena che eccedono i particolari passaggi in cui loro,<br />

tu e io ci muoviamo, viviamo e moriamo. Questo appello a ciò<br />

che va al di là conferma la nota asserzione di Emmanuel Lévinas<br />

sull’impossibilità etica <strong>del</strong>la chiusura, <strong>del</strong> controllo, <strong>del</strong>la totalità<br />

definitivi e <strong>del</strong> parallelo programma per rendere tutto (scientificamente,<br />

tecnicamente, politicamente, culturalmente) trasparente.<br />

Ciò che eccede il desiderio universale <strong>del</strong>la chiusura, <strong>del</strong>la<br />

conclusione e <strong>del</strong>la conferma <strong>del</strong> sé è ciò che eccede e sfida la<br />

nostra comprensione. Una disposizione critica deve saper abitare<br />

questa <strong>soglia</strong>: da un lato prendere seriamente le asserzioni politiche,<br />

spingere i loro linguaggi multipli (emotivo, razionale,<br />

morale, tecnico, scientifico) verso la responsabilità <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>;<br />

dall’altro lato, registrare il non rappresentato e il non rappresentabile.<br />

È una posizione in cui la stessa ontologia (il fondamento<br />

presunto e la base <strong>del</strong>la formulazione politica e <strong>del</strong> riconoscimento<br />

<strong>del</strong> <strong>mondo</strong>) diviene soggetta a essere messa in discussione.<br />

Una volta che il pensare e l’agire vengono spostati dalle rassicurazioni<br />

astratte <strong>del</strong> razionalismo, si affacciano in un <strong>mondo</strong><br />

in cui il sé è incapace di possedere completamente il sé (Schürmann<br />

1990, p. 23). Ecco che la critica apprende a spostarsi entro<br />

i limiti storici che ne sostengono la voce, dato che il pensiero<br />

mina una conoscenza presunta.<br />

Rifiutare di operare una netta scissione tra poetica e politica<br />

apre la strada alla questione <strong>del</strong> potere economico e statale che<br />

dà luogo a una diversa maniera di accettare queste condizioni<br />

mettendone in discussione i loro fondamenti, il linguaggio e la<br />

logica. Una proposta di questo tipo non viene portata avanti come<br />

compromesso o come adattamento liberale allo status quo,<br />

bensì come un disfacimento radicale <strong>del</strong>le premesse stesse da<br />

cui dipende il breviario <strong>del</strong>l’azione politica. Ciò significa tentare<br />

<strong>del</strong>iberatamente di frustrare l’esigenza intellettuale <strong>del</strong>la rappresentazione,<br />

confondere e confutare indirettamente un linguaggio<br />

avvezzo alla conferma e alla chiusura <strong>del</strong>la “ragione” che ne<br />

consegue (Buchanan 1997). Mettere in discussione la possibilità<br />

stessa di interrogare significa indebolirne le premesse riportando<br />

alla luce i limiti. Ma davvero è tanto semplice? Riconoscere i<br />

limiti può anche rafforzare l’interrogativo, correggendo il tiro<br />

<strong>del</strong>l’indagine e registrando con maggiore precisione il campo

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