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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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162 IAIN CHAMBERS<br />

qualunque posizione, di modo che ogni cosa dia il medesimo risultato,<br />

e venga meno il disturbo <strong>del</strong>l’alterità, allora la coscienza<br />

soggettiva passa direttamente nell’oggettività “neutrale” <strong>del</strong>la forma<br />

calcolata.<br />

Non ci vuole una grande immaginazione per mettere in relazione<br />

questi segni relativi al potere <strong>del</strong>l’aspetto, nonché il suo<br />

ruolo di custode <strong>del</strong>la conoscenza, con il potere <strong>del</strong> piano e <strong>del</strong><br />

punto di vista architettonico. Lo sguardo architettonico è altresì<br />

lo sguardo antropologico: costruire, classificare e definire lo spazio<br />

per gli altri; spalleggiato ulteriormente nella pragmatica <strong>del</strong>le<br />

culture anglosassoni dal pregiudizio che il linguaggio stesso sia<br />

cristallino, un semplice strumento per mezzo <strong>del</strong> quale la ragione<br />

riflette la realtà nella strumentalità neutrale <strong>del</strong> mezzo. Come<br />

l’occhio nudo, le lenti <strong>del</strong>la macchina fotografica o la simulazione<br />

al computer, questi esempi di potere visivo traducono la verità<br />

direttamente in regimi di rappresentazione, da cui deriva la presunta<br />

vicinanza <strong>del</strong>l’osservatore a Dio, <strong>del</strong>l’architetto secolare al<br />

progettista divino. Ciò che non riesce a rientrare nel campo ottico,<br />

le sue procedure di classificazione e la sua logica <strong>del</strong>la rappresentazione,<br />

non riesce nemmeno a divenire conoscenza. Qui<br />

lo spazio continua a essere concepito come realtà antropomorfica<br />

i cui limiti (l’orizzonte, il limite <strong>del</strong> campo visivo, l’oscurità)<br />

vengono riconosciuti unicamente per essere resi insignificanti relativamente<br />

a ciò che rientra nel campo di una visione ingrandita.<br />

La relativa stabilità di questa cornice e <strong>del</strong>l’inquadramento o<br />

rappresentazione <strong>del</strong> soggetto (“l’immagine <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>”, come<br />

dice Heidegger, che fa sì che l’occh-ìo sia sempre al centro <strong>del</strong>la<br />

visione e <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>, come stabilito per la prima volta con la modernità)<br />

consente di rigettare un punto di fuga o il vuoto che, alla<br />

fine, farebbe slittare e sopraffarebbe la soggettività. Come afferma<br />

Victor Burgin (1990, p. 118):<br />

il punto di fuga non è parte integrante <strong>del</strong>lo spazio <strong>del</strong>la rappresentazione;<br />

posizionato sull’orizzonte, viene continuamente spinto in<br />

avanti di pari passo con l’espansione dei limiti <strong>del</strong> soggetto.<br />

Il linguaggio <strong>del</strong>la trasparenza e l’egemonia oculare qui si fondono<br />

in una relazione di soggetto-oggetto, in una concezione cumulativa<br />

<strong>del</strong> significato e <strong>del</strong>la verità che riafferma eternamente il

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