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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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ESTRANEO IN CASA 187<br />

dente, che la verità sia rappresentazione, significa rivolgere l’attenzione<br />

a un senso <strong>del</strong> luogo, <strong>del</strong>la storia, <strong>del</strong>l’identità provvisto<br />

di fondamento. Significa rivolgersi a un senso <strong>del</strong> luogo meno<br />

presente nello spazio piatto, bidimensionale <strong>del</strong>la mimesi e<br />

<strong>del</strong> campo visivo panottico <strong>del</strong>la conoscenza, <strong>del</strong> potere, ma più<br />

presente nell’ineguale configurazione <strong>del</strong>la terra, in cui vengono<br />

innalzati questi schermi e le loro particolari proiezioni. Localizzando<br />

la rappresentazione, processo in cui l’ambiente impregnato<br />

di storia sostiene ben più <strong>del</strong>la sua concezione astratta, il linguaggio<br />

non è un’imposizione unilaterale su uno spazio vuoto,<br />

bensì riecheggia sulla terra, rimbomba in un ambiente, riverbera<br />

nel ritmo terreno, si piega in sonorità sociali e nella risonanza<br />

terrestre (Gilroy 1993a).<br />

Ciò detto, mi rivolgo all’opera visiva di Hélène Hourmat: artista<br />

contemporanea, di origini marocchine, cresciuta in Francia.<br />

Donne in abiti nordafricani, uomini in abiti occidentali, scene<br />

familiari e ritratti di strada: le composizioni miste <strong>del</strong>la Hourmat,<br />

eseguite mediante fotografia, pastello, cartoline e inchiostro,<br />

raffigurano il viaggio, tanto il viaggio fisico quanto i complessi<br />

itinerari <strong>culturali</strong>, <strong>del</strong>l’identità nazionale, etnica e di genere<br />

da una costa all’altra <strong>del</strong> Mediterraneo, di un <strong>mondo</strong> (ebreo,<br />

marocchino e magrebino) all’interno di un altro (europeo, francese,<br />

cosmopolita), tra i linguaggi e i limiti <strong>del</strong>l’inquadramento<br />

visivo. Questa corrispondenza visiva insiste sulla traiettoria storica<br />

precisa di una configurazione culturale apparentemente periferica<br />

nella grammatica deterritorializzata <strong>del</strong>la modernità.<br />

Prende in considerazione entrambe trasformandone le rispettive<br />

storie in un elemento di libertà.<br />

Opere di questo tipo invitano a penetrare nell’inconsueto,<br />

non nel nome di un’eccitazione passeggera per l’esotico e <strong>del</strong>l’attrazione<br />

temporanea per l’alterità, bensì per defamiliarizzare<br />

i linguaggi che ci fanno conoscere il <strong>mondo</strong>, che lo sottomettono<br />

e lo rendono nostro; in questa maniera i linguaggi rendono<br />

l’ordinario straordinario, perturbante, e incontrano la repressione<br />

violenta che legittima il nostro discorso. Significa intercettare<br />

la discussione <strong>del</strong> nesso globale-locale, e la glossa esplicativa<br />

<strong>del</strong>la modernità e <strong>del</strong>la modernizzazione, con atteggiamento<br />

scettico nei confronti <strong>del</strong>la teleologia inevitabilmente implicata<br />

nella comprensione di questi processi.

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