Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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156 IAIN CHAMBERS<br />
<strong>del</strong>l’esproprio razionale <strong>del</strong> terreno e <strong>del</strong>le sue risorse, aprono a<br />
una forma di soggettivismo acuto. Nell’oggettività <strong>del</strong>la sua arte,<br />
nei numeri, nei calcoli, nei progetti, nelle misurazioni e nei materiali,<br />
l’architetto impone una logica unilaterale sul terreno che<br />
fornisce lo spazio per la costruzione finale. In questo umanesimo,<br />
cioè in questa riduzione <strong>del</strong> suolo all’appropriazione razionalista<br />
che conferma l’ego, l’architettura si difende dall’interrogativo<br />
che farebbe vacillare le fondamenta <strong>del</strong>la sua pratica.<br />
Certamente un rapporto alternativo con la terra, in cui il suolo è<br />
il luogo di sentieri, percorsi, risorse stagionali mutevoli e abitazioni<br />
transitorie, non è un’opzione contemporanea, ma come esistenza<br />
vissuta, cultura sostenuta, modalità di vita, continua a porre una serie<br />
di interrogativi a tutti coloro che stanno sulla terra.<br />
Nondimeno, la decisione di stabilirsi e di costruire, di inaugurare<br />
l’architettura e di trasformare il suolo in una dimora fissa, e<br />
di conseguenza di definirlo e reclamarlo in termini sanguinosi, religiosi,<br />
militari, legali e politici, è ciò che per molti ha posto le<br />
fondamenta <strong>del</strong> senso di casa e di patria. La questione non si limita<br />
mai a passeggiare sulla terra in modo nomadico, si tratta sempre<br />
di subentrare e prendere possesso. La terra viene necessariamente<br />
considerata vuota, una tabula rasa, in attesa di essere inaugurata<br />
dall’insediamento e dall’edificio: è una pagina intonsa, su<br />
cui non è ancora stata scritta la storia:<br />
Fondare la colonia, inaugurare la storia lineare e il suo teatro <strong>del</strong>le<br />
marionette di soldatini in marcia e il lavoro meccanizzato ha significato<br />
abbracciare l’amnesia ambientale, dimenticare attivamente la<br />
saggezza che il suolo e la sua gente possiedono (Carter 1996, p. 6) 1 .<br />
La terra è benedetta, battezzata. Ricevere un nome “comporta<br />
la cancellazione <strong>del</strong> nome nativo – l’obliterazione <strong>del</strong>l’identità<br />
aliena, forse demoniaca – e dunque una sorta di rigenerazione”<br />
1 La relazione <strong>del</strong>la Camera dei Comuni <strong>del</strong> 1835 sulla colonizzazione <strong>del</strong>l’Australia<br />
rileva che gli aborigeni “di ogni terra hanno un diritto inalienabile al proprio territorio: un<br />
diritto semplice e sacrosanto, tuttavia, che non pare sia stato compreso. Gli europei hanno<br />
varcato i loro confini, senza invito, e una volta sul posto non solo si sono comportati<br />
come signori incontrastati <strong>del</strong>la terra, ma hanno anche punito i nativi come aggressori<br />
qualora evidenziassero una tendenza a vivere nella loro terra”. (Citato in Pedersen, Woorunmurra<br />
1995, p. 15).