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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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VOCE NELL’OSCURITÀ, MAPPA DELLA MEMORIA 117<br />

suono; è la testimonianza poetica che non è possibile ricondurre<br />

all’argomentazione che cercavano di proporre i suoi commentatori<br />

e critici.<br />

Ovviamente il frastuono di queste controversie <strong>del</strong> passato<br />

non deve essere semplicemente messo a tacere come se oramai<br />

fosse uno statico anacronismo storico, ma invece di tenere in<br />

ostaggio Hendrix, adesso è possibile trasformare queste polemiche<br />

in un’ulteriore apertura: perché queste circostanze, queste<br />

contingenze, inevitabilmente fanno parte <strong>del</strong> linguaggio musicale<br />

eclettico di Hendrix, di quello che diceva musicalmente e <strong>del</strong>la<br />

maniera in cui lo diceva. In ultima istanza, ciò che resta è il far<strong>del</strong>lo<br />

<strong>del</strong> suono, il suo peso storico, che reca testimonianza di un<br />

tempo e di una figura che continua a parlarci.<br />

La musica di Hendrix deve certamente essere collocata nell’ambito<br />

degli sviluppi <strong>del</strong>l’estetica nera avanguardista e urbana<br />

che ha continuamente sfidato le conoscenze ereditate <strong>del</strong>la cultura,<br />

<strong>del</strong>la tecnologia e le possibilità storiche ed estetiche di vivere<br />

nella città moderna. A questo punto, la sua musica assume un<br />

ruolo centrale nella comprensione <strong>del</strong>l’emergenza <strong>del</strong> sublime urbano<br />

contemporaneo. Posta in questa maniera, la musica di Hendrix<br />

è cruciale nello slittamento dalla marginalità (blues, jazz,<br />

R&B, soul, rap) a una posizione centrale nella dispersione di<br />

un’estetica astratta e nella comprensione astorica <strong>del</strong>la cultura.<br />

È a questo punto che il passaggio dai ritmi ipnotici <strong>del</strong>la chitarra<br />

elettrica di Bo Diddley ai paesaggi sonori futuristi impressi lungo<br />

il manico <strong>del</strong>la chitarra di Hendrix dieci anni più tardi potrebbe<br />

cominciare a essere considerato parte di un repertorio comune. In<br />

entrambi i casi, bisogna fare i conti con la città, con la vita urbana,<br />

con un immaginario metropolitano e una riproduzione tecnica.<br />

Probabilmente non c’era altra scelta, se non cercare di appropriarsi<br />

di quello spazio. Ma qui ciò che è significativo per la storia <strong>del</strong>la<br />

modernità è come una cultura subalterna e discriminata sia riuscita<br />

nell’impresa di trasformare i linguaggi <strong>del</strong>la presunta alienazione<br />

(quelli <strong>del</strong>la città, <strong>del</strong>le sue tecnologie e <strong>del</strong>le sue tecniche) in un’affermazione<br />

inattesa. Nella sua codificazione sonora <strong>del</strong>lo spazio urbano,<br />

nel renderlo un luogo intimo e protettivo, la musica nera ci<br />

ha insegnato a esperire e a vivere diversamente, ossia, al di là <strong>del</strong>la<br />

condanna ossessiva <strong>del</strong>la chiusura patriarcale rigida e <strong>del</strong> suo rifiuto<br />

<strong>del</strong>la cultura urbana e <strong>del</strong>le tecnologie relative.

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