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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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ESTRANEO IN CASA 181<br />

Se l’Occidente è diventato il <strong>mondo</strong>, in questo processo ha<br />

anche subito uno spostamento. Se i suoi linguaggi, le sue tecnologie<br />

e tecniche ormai abbracciano tutta la terra e forniscono il<br />

senso contemporaneo <strong>del</strong>l’abitare, la sua storia e i suoi poteri<br />

vengono vissuti da altri che vi esprimono le loro storie, identità,<br />

ragioni. Il mio (ego)centro viene interrotto, perché qui, quali<br />

che siano i miei desideri, sono costretto ad affrontare, nel linguaggio<br />

stesso che presumo di possedere, l’incommensurabile,<br />

l’intraducibile, il cuore di un’essenza che rifiuta di essere ricondotta<br />

a una misura comune; ossia, alla mia misura e alla mia<br />

concezione <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>.<br />

A prescindere da quando e dove lo si nomini, emerge il legame<br />

represso che rende la “casa” possibile per alcuni, impossibile per<br />

altri. Viaggiando tra l’alloggio e la condizione di senza tetto, le categorie<br />

stesse con cui generalmente si costruisce la “casa” (la tradizione,<br />

il linguaggio, il costume, l’affinità) fanno i conti con altre<br />

versioni inattese. Quando le coordinate di un luogo e di una storia<br />

particolari (quelli <strong>del</strong>l’Occidente) si disseminano per il <strong>mondo</strong>, allora<br />

la particolare connotazione locale <strong>del</strong>la tradizione e <strong>del</strong>la lingua<br />

si ritrova in un viaggio interminabile. Qui, nel transito e nella<br />

traduzione, la natura stessa <strong>del</strong> luogo e <strong>del</strong>la casa subisce una mutazione<br />

irreversibile. Il vicino, ciò che si trova a portata di mano<br />

nella costruzione <strong>del</strong>la mia casa e <strong>del</strong> senso di me stesso, non può<br />

più essere legato al sangue, al suolo, e all’orizzonte chiuso <strong>del</strong>l’immediato<br />

e <strong>del</strong> locale. Il mito <strong>del</strong>le “origini” pure si fonde ormai<br />

con altri, proiettando osservazioni sull’appartenenza (a cosa? dove?<br />

come?) verso l’esterno, in uno spazio vulnerabile. Il tempo e la<br />

tradizione di un’economia culturale locale sono scalfiti da una serie<br />

di interrogativi che toccano tutti, ma proprio tutti i luoghi.<br />

Sono nato tra due onde<br />

e la mia pelle diventa<br />

ancora più scivolosa.<br />

Così scrive il poeta iraniano emigrato Majid Nafici (1996, p.<br />

199). Quando il <strong>mondo</strong> si comprime e il remoto si congiunge al<br />

vicino, il non domestico al domestico, si scatena la repressione<br />

che perseguita e infrange ogni rappresentazione <strong>del</strong>la casa, <strong>del</strong>la<br />

cultura e <strong>del</strong> sé.

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