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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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184 IAIN CHAMBERS<br />

emergere senza dubbio solo dalla cosiderazione <strong>del</strong> terreno stesso<br />

evocato dal luogo: il luogo precedente da cui proviene l’emigrante<br />

e il luogo presente che ospita il corpo <strong>del</strong>l’emigrata, la<br />

storia <strong>del</strong>l’esiliato, la loro cultura. Nel movimento attraverso i<br />

vettori economici e politici <strong>del</strong>la modernità, è la concezione diversa<br />

<strong>del</strong> tempo e <strong>del</strong> luogo, al pari di passaporti e permessi di<br />

lavoro, accento e religione, che identifica l’emigrante, l’estraneo<br />

che “si integra” o meno.<br />

Il passaggio <strong>del</strong>la migrazione comporta il trauma di essere tradotto<br />

in un oggetto. Questo trova forzatamente conferma nell’essere<br />

successivamente posto ai margini, in una posizione “minoritaria”,<br />

in quanto migrante: l’estraneo la cui presenza riconferma<br />

la non posizionalità, il movimento liberale di chi abita il centro<br />

nazionale, la principale corrente politica, il consenso culturale. Se,<br />

per definizione, l’emigrato, il migrante e l’estraneo evocano uno<br />

spazio liminale, la loro presenza ha anche la conseguenza compensatoria<br />

di relegare la “casa”, la sensazione di luogo e di appartenenza,<br />

in un particolare luogo storico e ontologico. L’arrivo <strong>del</strong>l’estraneo<br />

genera un confine, una frontiera, sia immaginari che effettivi.<br />

I limiti imposti, le barriere erette, non creano solamente<br />

l’estraneo, che resta fuori: costruiscono, limitano e definiscono la<br />

natura stessa di ciò che sta “dentro”.<br />

Pertanto, mi sembra importante esaminare come si colloca il<br />

luogo sul terreno, come viene costruito e concepito. Tali elementi<br />

potrebbero contribuire a fornire una risposta e un linguaggio in<br />

cui considerare l’esilio e la migrazione, l’arrivo <strong>del</strong>lo straniero.<br />

Vorrebbe dire pensare non in termini di minaccia di fronte alla<br />

quale cerco un riparo immediato, bensì di una risposta improcrastinabile<br />

nei confronti <strong>del</strong>le storie represse che mi consentono di<br />

sentirmi al sicuro mentre mantengo il mio terreno definendo ed<br />

escludendo l’altro.<br />

Il luogo. La cosa più ovvia parlando <strong>del</strong> luogo in compagnia<br />

di stranieri è di riferirsi al suo nome in un linguaggio e una storia<br />

inevitabilmente istituzionalizzati nella grammatica culturale<br />

nevrotica <strong>del</strong>la nazionalità. Il senso moderno <strong>del</strong> luogo, per<br />

quanto rechi ancora i segni di concezioni arcaiche (villaggio,<br />

dialetto locale, città o regione) trova la sua premessa, sia per l’estraneo<br />

che per chi lo ospita, nella nomenclatura nazionale. I<br />

particolari degli abiti, nella lingua, <strong>del</strong>l’accento, <strong>del</strong> cibo, <strong>del</strong>la

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