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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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SULLA SOGLIA 217<br />

di ciò che ritarda, distrugge e devia quel senso. Nel rifiuto di<br />

questa prospettiva, e <strong>del</strong> senso di vulnerabilità che va di pari<br />

passo con essa, è insita la passione per lo sterminio che ha caratterizzato<br />

la modernità occidentale. Dal suo incipit sanguinario in<br />

Africa e nelle Americhe, nella schiavitù e nel genocidio, fino all’estrema<br />

razionalizzazione <strong>del</strong>lo sterminio razziale costituito<br />

dalla Shoah, la relazione con lo spaesamento, con ciò che si crede<br />

minacci il senso occidentale di sentirsi a casa nel <strong>mondo</strong>, ha<br />

prodotto inevitabilmente conseguenze efferate. Soffermarsi sulle<br />

atrocità <strong>del</strong> ventesimo secolo a opera <strong>del</strong>le SS o dei nazionalisti<br />

dei Balcani può attirare la nostra attenzione, con troppa facilità,<br />

sulla falsa eccezione <strong>del</strong>l’orrore, consentendoci quindi di evitare<br />

l’ottundente banalità <strong>del</strong>la tendenza assai più consueta di escludere<br />

e distruggere tutto ciò che non possiamo possedere, contenere<br />

o comprendere:<br />

Non possiamo essere umani fintanto che non percepiamo in noi<br />

stessi la possibilità <strong>del</strong>l’abiezione, oltre alla possibilità <strong>del</strong>la sofferenza.<br />

Non siamo soltanto vittime potenziali <strong>del</strong> boia. Il boia è il<br />

nostro prossimo. Dobbiamo chiederci: c’è qualcosa nella nostra natura<br />

che rende impossibile un tale orrore? Domanda a cui sarebbe<br />

corretto rispondere: no, nulla (Bataille 1991, p. 18).<br />

Sradicare l’alterità è un tentativo di abolire tutto ciò che resiste<br />

all’esercizio <strong>del</strong> potere che mi consente di rimanere salvo<br />

nell’assolutezza <strong>del</strong>la mia autonomia: “L’omicidio esercita un<br />

potere su ciò che sfugge al potere” (Lévinas 1961, p. 203). L’altro<br />

minaccia di contaminare e di frustrare questa eventualità,<br />

invitandomi “a una relazione che non ha misura comune con il<br />

potere che si esercita” (ib.). L’affermazione violenta <strong>del</strong> potere<br />

non è né eccezionale né estranea a coloro che abitano la modernità<br />

e che in essa si sentono a casa; essa disciplina coerentemente<br />

il passaggio tra l’inclusione e l’esclusione nella costruzione di<br />

un habitat che conferma e riproduce il senso di sè. La faccia<br />

<strong>del</strong>l’altro “non sfida la debolezza <strong>del</strong> mio potere, ma il mio potere<br />

di potere” (ib.). Avvezzo a esprimermi senza limiti, in un<br />

linguaggio che annulla tutto ciò che non è in grado di assimilare,<br />

la presenza <strong>del</strong>l’altro invoca l’assassinio di ciò che nega il<br />

mio dominio:

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