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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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QUESTIONE DI STORIA 61<br />

di un ordine economico, politico e culturale che apparentemente<br />

si è instaurato per un tempo di cui non è possibile prevedere<br />

la fine. Lo schema capitalista <strong>del</strong>la modernità occidentale pone i<br />

termini e le condizioni politico-economiche, non i risultati, <strong>del</strong>la<br />

produzione e <strong>del</strong>la riproduzione. Nondimeno, è chiaro che esistono<br />

anche le possibilità (indubbiamente più di dimensione locale,<br />

di effetto transitorio, e di aspirazioni modeste) di farsi strada,<br />

penetrare e percorrere questa formazione storica. È possibile<br />

spostare la “logica” prevalente, frustrarne la natura feticista,<br />

criticarne la cultura, deviare dai suoi precetti, “tradurne” le<br />

traiettorie. Forse, e malgrado le asserzioni politiche <strong>del</strong> contrario,<br />

il passaggio storico da una modalità di produzione all’altra<br />

non è mai stato gestito e condotto in maniera consapevole.<br />

<strong>Sulla</strong> scia di un’eredità compressa e in divenire, scaturisce<br />

una scelta politica tra la fede (sia teleologica che teologica) in<br />

un’alternativa autonoma eppure futura e un’altra che cerca la<br />

redenzione nell’unico spazio e nell’unico tempo a nostra disposizione.<br />

Non si tratta di proporre una distinzione astratta tra<br />

idealismo e pragmatismo, che sarebbe uno scarso conforto e una<br />

prospettiva superficiale. Si tratta invece di esaminare una distinzione<br />

tra la presunzione di ricondurre il <strong>mondo</strong> a un umanesimo<br />

soggettivista che proclama l’oggettività nella riconferma <strong>del</strong>l’autorità<br />

<strong>del</strong> sé persino nelle proiezioni più utopistiche, e il tentativo<br />

di agire, pensare ed essere in maniera più partecipe, senza il<br />

sostegno di siffatte promesse. Se il primo atteggiamento fornisce<br />

la consolazione data dalla garanzia di un’autorità morale e di<br />

una distanza critica, il secondo tradisce il conforto <strong>del</strong>la conferma<br />

intellettuale e cerca piuttosto di costruire una politica in cui<br />

ascoltare le voci, le storie, le esperienze… i silenzi, significa porsi<br />

di fronte a ciò che non è immediatamente reperibile per il desiderio<br />

e il progetto <strong>del</strong>l’ascoltatore.<br />

Porsi di fronte a ciò che supera il “politico”, al fine di metterne<br />

in discussione sia le pratiche istituzionali che i fondamenti<br />

teorici, vuol dire rendere vicino e inquietante ciò che non può<br />

essere reso cristallino, razionale e gestibile. Pertanto, registrare i<br />

limiti <strong>del</strong> politico non equivale solamente a reiterare i limiti più<br />

ovvi <strong>del</strong>l’organizzazione e <strong>del</strong>la distribuzione <strong>del</strong> potere <strong>del</strong> governo<br />

e dei partiti politici nella società civile, ma anche a continuare<br />

a insistere storicamente su ciò che si trova al di là <strong>del</strong>la lo-

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