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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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96 IAIN CHAMBERS<br />

spiegamento. È possibile interpretare questo sfoggio pubblico e<br />

stravagante come sintomo <strong>del</strong>l’ansia politica e culturale che insorge<br />

allorché si oltrepassa un precedente ordine conosciuto. Un’alleanza<br />

religiosa ed epistemologica è stata infranta dal dissenso,<br />

dalla guerra e dalla controconoscenza: tutto si riconduceva alla<br />

disagevole elaborazione di una politica decentrata alla ricerca di<br />

un nuovo assoluto. Qui, persino nella teatralità <strong>del</strong>l’emergente<br />

centralizzazione <strong>del</strong>lo Stato e <strong>del</strong>la sua monarchia assoluta, il Barocco<br />

rivela una disposizione ansiosa <strong>del</strong> potere, da cui derivano<br />

l’eccesso violento e l’istituzione drammatica in un <strong>mondo</strong> che minaccia<br />

di sfuggire a confini e controlli. Questa minaccia è sia interna<br />

(la scienza, la secolarizzazione e una modernità urbana che<br />

sboccia) che esterna: l’inquietante immissione di altri mondi.<br />

Cortés, dinanzi a Tenochtitlan (in seguito nota come Città <strong>del</strong><br />

Messico) e prima <strong>del</strong>la sua distruzione, la definì “la più bella città<br />

<strong>del</strong> <strong>mondo</strong>”. Lo spazio barocco è anche lo spazio coloniale, e l’intrusione<br />

di nuovi mondi, da dentro quanto da fuori, è un palinsesto<br />

<strong>del</strong>l’estetica barocca <strong>del</strong>la meraviglia, <strong>del</strong> terrore, <strong>del</strong>la paura,<br />

<strong>del</strong> dolore e <strong>del</strong>lo spettacolo 1 .<br />

Lo stile <strong>del</strong> tempo<br />

La leggenda talmudica assegna a ogni istante <strong>del</strong> tempo un suo angelo<br />

specifico, cioè una sua propria qualità, <strong>del</strong>le insostituibili virtualità<br />

messianiche (…). Questa paradossale figura di pensiero, secondo<br />

la quale la fine può compiersi già ora, “nell’ambito storico”,<br />

sovverte i fondamenti stessi <strong>del</strong>la Ragione storica. Essa implica, infatti,<br />

che il tempo non sia più pensato come un asse orientato lungo<br />

il quale il dopo succede inevitabilmente al prima, oppure come un<br />

fiume che scorre dalla sorgente alla foce, bensì come una giustapposizione<br />

di istanti sempre unici, non totalizzabili, che – dunque –<br />

non si succedono come tappe di un processo irreversibile. Il passato,<br />

il presente e il futuro non si dispongono, qui, in sequenza su di<br />

1 In assenza di un ritorno domestico, e ritrovandosi perduto nell’El Dorado di un<br />

orizzonte nuovo, l’ego può essere trascinato via in un’economia infinita di segnali, da cui<br />

sgorga il linguaggio e i sensi scorrono, incontrollati, verso la morte. Forse l’esemplificazione<br />

migliore di quanto appena detto è data dalle inutili spedizioni di Sir Walter Raleigh e<br />

dal film di Werner Herzog, Aguirre. Furore di Dio (1972).

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