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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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ARCHITETTURA, AMNESIA E IL RITORNO DELL’ARCAICO 169<br />

renza – dal linguaggio e dalla religione alla musica, alla cucina e<br />

all’abbigliamento – in particolari enclavi <strong>del</strong> reticolo urbano. In<br />

che modo risponde l’architettura? E soprattutto, può l’architettura<br />

rispondere affatto? Oppure tra coloro che non rientrano nel<br />

piano, la cui presenza ne infastidisce e sfida la logica, è già innestata<br />

un’altra architettura? Certamente emerge di frequente una<br />

maniera di abitare che intorbida la logica imposta, che riscrive i<br />

termini <strong>del</strong>l’ospitalità secondo un altro design culturale.<br />

La tradizione <strong>del</strong> discontinuo<br />

Come pianificare, concepire e costruire in risposta a queste<br />

pressioni e presenze fluttuanti, come rispondere agli indisciplinati<br />

vortici e mulinelli di una storia che non è né omogenea, né vuota,<br />

bensì occupata con tenacia? Non dispongo di una risposta chiara<br />

e precisa. Ma forse l’architettura riuscirebbe a rispondere meglio<br />

a queste condizioni, che sono intrinseche alle condizioni strutturali<br />

<strong>del</strong>la modernità occidentale stessa, sforzandosi meno di “risolvere”<br />

questi “problemi” e tentando maggiormente di presentarli.<br />

Quello che potrebbe voler dire implica un cambiamento distinto<br />

ed esplicito nelle fondamenta intellettuali e nel linguaggio<br />

<strong>del</strong>l’architettura stessa, perché l’architettura tende a identificare il<br />

terreno soltanto nell’istante <strong>del</strong>l’edificazione. Prima di quel momento<br />

uno spazio di questo tipo è letteralmente privo di significato,<br />

privo di costruzione e quindi non rappresentabile né in termini<br />

propri, né in termini <strong>del</strong>l’epistemologia nella quale è intrappolato.<br />

Che cosa succederebbe se l’architettura dovesse costruire<br />

senza la sicurezza aprioristica che la protegge da ciò che la sua ragione<br />

non è in grado di contenere? A questo punto l’astratta priorità<br />

<strong>del</strong>la geometria verrebbe sfidata dal terreno impregnato di<br />

storia e cultura su cui agisce l’architettura, tanto fisicamente<br />

quanto metafisicamente.<br />

Com’è ovvio, si potrebbe semplicemente obiettare che tutto<br />

ciò non è che un ozioso esercizio in un ilare gioco di parole, che<br />

strappa la metafora <strong>del</strong>l’“architettura” per renderne l’autorità intellettualmente<br />

sospetta e per insinuare che le sue innovazioni siano<br />

semplicemente la decorazione di una ripetizione mondana di<br />

edifici che hanno poco di nuovo da dire sull’abitare, ma molto da

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