Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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LA STORIA, IL BAROCCO E IL GIUDIZIO DEGLI ANGELI 91<br />
la composizione, <strong>del</strong> teatro e <strong>del</strong>la rappresentazione. Non si vuole<br />
sostenere, come afferma Lorenzo Bianconi, che l’opera nel Seicento<br />
fosse un mezzo popolare (condizione che si verificherà soltanto<br />
nell’Ottocento), bensì si trattava di un mezzo popolarizzato<br />
e pubblicizzato come manifestazione attiva, pubblica <strong>del</strong> potere<br />
culturale e secolare (Bianconi 1982, p. 191). In quanto tale, accanto<br />
ai suoi sentimenti, alle sue strutture e ai suoi eccessi instabili,<br />
l’opera è stata il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> Barocco.<br />
Accanto all’instaurazione sistematica <strong>del</strong> governo centralizzato<br />
e <strong>del</strong>la vita di corte (Madrid, Versailles, Londra), nonché alla razionalizzazione<br />
pubblica <strong>del</strong> controllo finanziario, giuridico, militare<br />
e <strong>del</strong>l’istruzione, la rinnovata imposizione dei diritti feudali<br />
incoraggiò (e talvolta impose con la forza) la migrazione di contadini,<br />
coltivatori e piccoli proprietari terrieri dalla campagna verso<br />
le città. Ne derivò una crescita <strong>del</strong>la popolazione urbana priva di<br />
proprietà: i volti anonimi <strong>del</strong>le future “folle”, “marmaglie” e<br />
“masse” urbane, nonché <strong>del</strong> sottobosco <strong>del</strong>la criminalità urbana.<br />
Oltre a queste dislocazioni violente ci fu un’interminabile serie di<br />
guerre e persecuzioni religiose, a causa <strong>del</strong>le quali le regioni rurali<br />
furono flagellate da banditi e bande erranti di soldati in rotta e<br />
di ex mercenari. Si completi il quadro con periodiche riproposizioni<br />
<strong>del</strong>la caccia alle streghe e <strong>del</strong>le pestilenze. In “un periodo<br />
ebbro di violenze immaginarie ed effettive” (Benjamin 1928, pp.<br />
158-159), questi erano tutti campioni diretti <strong>del</strong>la “pedagogia barocca<br />
<strong>del</strong>la violenza” (Maravall 1975), spaventosi promemoria di<br />
un <strong>mondo</strong> fragile e di una mortalità precaria.<br />
Nella prima metà <strong>del</strong> diciassettesimo secolo, Londra è stata flagellata<br />
dalla peste (1603: 33.500 vittime; 1625: 35.500 vittime;<br />
1636: 10.500 vittime), nonché, nel 1665-1666, dalla Grande Peste<br />
(69.000 morti), cui fece seguito il Grande Incendio <strong>del</strong> 1666 (Hill<br />
1969, p. 278). Analogamente, la Napoli barocca pullula di guglie e<br />
obelischi allegorici eretti per esorcizzare le pestilenze, i terremoti e<br />
le eruzioni vulcaniche: l’eruzione <strong>del</strong> Vesuvio <strong>del</strong> 1631, le pestilenze<br />
<strong>del</strong> 1656 e <strong>del</strong> 1657, i terremoti <strong>del</strong> 1688 e <strong>del</strong> 1694 (Cantone<br />
1992). Ciò che prima veniva tenuto a una certa distanza con la<br />
promessa di un’altra vita, di un altro <strong>mondo</strong>, <strong>del</strong>la salvezza, si appropinqua<br />
in maniera drammatica: viene rappresentato (vor-stellen)<br />
e ri-cordato, in-corporato e incarnato. Diventa una “cosa”<br />
(res) che ci turba e ci sgomenta (Heidegger 1954a). In questo mo-