Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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SULLA SOGLIA 229<br />
viene relegato entro i limiti <strong>del</strong>la famiglia, degli amici e degli ambienti<br />
che frequentiamo, bensì nei confini imposti dall’esistenza<br />
terrestre, dalla storia e dalla mortalità. Il suolo natio non è un<br />
luogo di nascita individuale, bensì il luogo di una provenienza<br />
terrena e un modo di abitare che, per riecheggiare le parole di<br />
Zarathustra, afferma “rimanete fe<strong>del</strong>i alla Terra” (Nietzsche<br />
1886b, p. 6). Lo spazio tra la familiarità desiderata <strong>del</strong> primo e la<br />
perturbante disseminazione <strong>del</strong> secondo è altresì lo spazio in cui<br />
le memorie e i corpi repressi prorompono per dare voce alla sopravvivenza<br />
e alla promessa di continuare a vivere: uno spazio<br />
per il crescente numero di persone per le quali la casa non è un<br />
luogo semplice o ovvio.<br />
Rispondere agli scritti contemporanei di Toni Morrison e di<br />
Derek Walcott significa riconoscere che il mio senso <strong>del</strong>l’essere a<br />
casa e la fiduciosa affermazione <strong>del</strong> mio posto nel <strong>mondo</strong> sono<br />
inevitabilmente un beneficio goduto al prezzo <strong>del</strong>l’esilio, <strong>del</strong>l’estraniamento,<br />
<strong>del</strong>la diaspora di qualcun altro. Ascoltare il linguaggio<br />
di autori <strong>del</strong> genere significa registrare un senso di casa che<br />
complica le semplicistiche frontiere <strong>del</strong>le appartenenze, a livello<br />
nazionale quanto a livello più locale. Un poeta creolo esce dai<br />
margini <strong>del</strong>la Storia per passeggiare sulle coste caraibiche e annunciare<br />
una verità scomoda:<br />
Ora non avevo altra nazione che l’immaginazione.<br />
Dopo l’uomo bianco, i negri non mi vollero<br />
quando il potere girò dalla loro parte.<br />
Il primo mi incatena le mani e si scusa, “La Storia”;<br />
gli altri non mi giudicavano nero abbastanza per il loro orgoglio.<br />
(…)<br />
Ho incontrato la Storia, una volta, ma non mi ha riconosciuto,<br />
un creolo incartapecorito, pieno di verruche<br />
come una vecchia bottiglia di mare, che strisciava come un granchio<br />
nei buchi d’ombra proiettati dalla rete<br />
di un balcone a inferriata; color crema il vestito e il cappello.<br />
Lo abbordo e grido: “Sono Sabine, signore!<br />
dicono che sono suo nipote. Si ricorda la nonna,<br />
la sua cuoca nera?”. La troia si raschiò la gola e sputò.<br />
Uno sputo così vale tutte le parole.<br />
Ma questo ci hanno lasciato quei bastardi: parole (Walcott 1992a,<br />
p. 123).