Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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LA STORIA, IL BAROCCO E IL GIUDIZIO DEGLI ANGELI 97<br />
una linea retta che uno spettatore potrebbe osservare dall’esterno,<br />
bensì coesistono come tre stati permanenti <strong>del</strong>la coscienza (Mosès<br />
1992, pp. 24-25).<br />
Tutto il discorso manifesto è la repressione di ciò che non viene detto,<br />
che a sua volta mina alle fondamenta ciò che viene detto (O’Connor<br />
1988, p. 59).<br />
Il complesso gioco di luci e di ombre <strong>del</strong> Barocco, coi suoi limiti<br />
e con le sue domande, apre uno spazio critico che torna ad<br />
abitare il nostro presente. Pone un quesito, crea un’apertura<br />
nella struttura <strong>del</strong>la nostra comprensione, una lacerazione nel<br />
tessuto <strong>del</strong>la nostra conoscenza. Ci trascina nelle ombre <strong>del</strong>l’illuminazione,<br />
nelle zone represse da cui il nostro essere tenta di<br />
tenersi alla larga, perché ci obbliga a confrontarci e a dialogare<br />
con ciò che più disperatamente tentiamo di ignorare: i nostri limiti<br />
e la nostra mortalità. La critica barocca <strong>del</strong>la permanenza e<br />
<strong>del</strong>l’essenzialismo, integrata dal contemporaneo decentramento<br />
e ricentramento <strong>del</strong>l’Europa cinquecentesca secondo direttive<br />
coloniali, ricompare nelle vesti di un fantasma (“Ricordati di<br />
me”) per infestare il tramonto <strong>del</strong> modernismo occidentale e<br />
sfocia nella sfida eterotopica alla concezione razionale e utopistica<br />
di quest’ultimo. Invoca una risposta etica alle necessità di<br />
un’altra scena, di un’altra storia, di un’altra possibilità, che ci ricordi<br />
che la ragione storica deve essere, essa stessa, soggetta a<br />
giudizio, perché dietro all’“assolutismo perverso” (Lévinas) <strong>del</strong>la<br />
conoscenza occidentale e al suo desiderio universale di una<br />
logica intatta, unitaria, di una teleologia razionale <strong>del</strong> tempo e<br />
<strong>del</strong>la casualità, si pone l’evasione di un siffatto giudizio. Rifiutare<br />
di registrare le ombre enigmatiche, discontinue, represse e fameliche<br />
<strong>del</strong>l’oblio, e dissiparle nella violenta insistenza sulla<br />
coerenza, significa fuggire dalla vita e dall’angoscia <strong>del</strong>la morte,<br />
nonché rigettare la responsabilità per queste situazioni (Robberechts<br />
1992).<br />
Quando la terra viene rifiutata e ridotta violentemente a un accordo<br />
etereo tra il pensiero e la logica trascendentale, quando il<br />
<strong>mondo</strong> viene abolito e distillato nello spirito puro e nella trasparenza<br />
di una frase razionale, tutti quei linguaggi titubanti, mutevoli, incompleti,<br />
arcani, incrinati, silenziosi e disfatti che contribuiscono