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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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ARCHITETTURA, AMNESIA E IL RITORNO DELL’ARCAICO 147<br />

re una visione, bensì narrare e costruire un habitat (Isozaki 1995).<br />

Quanto appena detto richiede che si prendano le distanze dalla<br />

rassicurante grammatica <strong>del</strong>l’Architettura e si parlino i linguaggi<br />

condizionali <strong>del</strong>le architetture. Rendere critica una siffatta situazione<br />

capovolge sia la tradizione che la tendenza <strong>del</strong>lo sguardo architettonico;<br />

tradotta nei sintomi di un potere messo in discussione,<br />

la storia <strong>del</strong>l’architettura si trasferisce da un editto allo stato di<br />

una cura, che somministra un farmaco e si prende cura <strong>del</strong> presente.<br />

Si tratta di un presente e di un futuro potenziali, di cui non<br />

è più possibile pretendere di avere una competenza totale. La<br />

contingenza terrestre, i problemi <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>, impongono un vuoto,<br />

un’interruzione, che non è mai possibile chiudere o passare<br />

sotto silenzio, perché ormai l’architettura implica un incontro con<br />

l’altro “che, per definizione, non segue lo stesso insieme di regole”<br />

(Karatani 1995, p. XL). Il solipsismo <strong>del</strong> progetto architettonico,<br />

<strong>del</strong>l’edificio metafisico, dipende da “un’omissione <strong>del</strong>l’asimmetria<br />

che identifica l’io con il noi” (p. 137). Come afferma il critico<br />

giapponese Kojin Karatani (p. 112):<br />

Per interiorizzare l’altro, l’altro deve disporre di un insieme comune<br />

di regole. Ma l’altro non designa, per definizione, solo chi non dispone<br />

di un insieme comune di regole? Il dialogo non si instaura solamente<br />

con un altro di questo tipo?<br />

In quanto spazio moderno, la città viene considerata, in maniera<br />

opprimente, uno spazio razionalizzato. È un ambiente stabilito<br />

secondo la logica che la mobilità si può ricondurre “a spostamenti,<br />

origini e destinazioni prevedibili, provvisti di uno scopo” (Imrie<br />

2000, p. 1644). Questa proiezione <strong>del</strong>la vita urbana rivela che:<br />

i pregiudizi <strong>del</strong> movimento e <strong>del</strong>la mobilità illimitati nelle società occidentali<br />

contemporanee sono egemoniche nello stabilire le priorità<br />

di corpi specifici e di modalità di mobilità e movimento. In particolare,<br />

la mobilità e il movimento vengono definiti mediante discorsi che<br />

servono ad alienare corpi menomati e a conferire la priorità <strong>del</strong> movimento<br />

di ciò che si potrebbe definire il corpo mobile (p. 1642).<br />

Nondimeno, in questo luogo esiste altresì ciò che trabocca e va<br />

al di là <strong>del</strong>la struttura pianificata e progettata <strong>del</strong>l’edificio e <strong>del</strong>la<br />

città. In questa integrazione insospettata, che si aggiunge al piano

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