Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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VOCE NELL’OSCURITÀ, MAPPA DELLA MEMORIA 127<br />
Auschwitz, La Camargue, Andalusia. Questa storia di un popolo<br />
senza casa (i rom, gli zingari) illumina di colpo un’asserzione di<br />
Heidegger (1946), secondo cui il linguaggio è la dimora <strong>del</strong>l’essere.<br />
Questa storia periferica si mantiene e si nutre nel viaggio interminabile<br />
di una canzone cangiante che passa di orizzonte in<br />
orizzonte, trasformando il passaggio in musica, la terra in storia,<br />
uno spazio e un’identità nomadi in luoghi <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong> linguaggio.<br />
La storia “verticale”, che dipende dal terreno che troviamo<br />
sotto ai piedi, dal suolo ancestrale, qui viene fatta slittare dal persistente<br />
viaggio di un linguaggio (incorporato nel suono, nel canto<br />
e nella danza), che cerca una sistemazione nel <strong>mondo</strong>. Qui,<br />
paradossalmente, incontro una fenditura nel topos naturalista<br />
<strong>del</strong>l’identità mentre ciò che appare arcaico interseca le coordinate<br />
stabili <strong>del</strong>la casa e <strong>del</strong>la patria per trasformare la modernità in<br />
molteplici modernità, esponendo nel bel mezzo un altro senso<br />
<strong>del</strong>la casa. In questa nomadologia <strong>del</strong> suono sono attratto ad<br />
ascoltare la scintilla <strong>del</strong>la contingenza che si trova tra i regni consci<br />
e inconsci <strong>del</strong>la storia. In questa iscrizione musicale <strong>del</strong>la terra,<br />
acquisisco consapevolezza di uno stato in cui una musica e un<br />
<strong>mondo</strong> si incontrano e si intrecciano nel corpo, rendendo esplicita<br />
l’alterità che rende ognuno di noi soggetto.<br />
Questo perché l’identità stessa è uno slittamento, una figura<br />
combinatoria, una fase musicale nella partitura <strong>del</strong>l’essere. Cominciamo<br />
a udire il suono, nasciamo, ma una volta per strada esso<br />
non si conclude finché la mortalità impone una coda individuale.<br />
L’identità è una linea di basso sempre presente, in continuo<br />
dispiegamento, una figura rizomatica, una fuga tratta dai linguaggi<br />
che ci trasportano e ci sostengono, un assolo e un’improvvisazione<br />
sulle energie che si dispiegano e si trasmettono nel <strong>mondo</strong><br />
(anziché un’opera isolata che ritratta e rielabora il <strong>mondo</strong> lungo la<br />
nota unica e costante <strong>del</strong> sé).<br />
Concepire la musica come memoria significa afferrare la natura<br />
vitale e fisica <strong>del</strong>la ripetizione, e come, secondo Freud, il ricordo<br />
(Erinnerung) sia legato alla ripetizione (Wiederholen). Nel<br />
1914 il padre <strong>del</strong>la psicanalisi scrisse un breve saggio intitolato<br />
Ricordare, ripetere e rielaborare. Egli osservò l’importanza <strong>del</strong>la<br />
ripetizione “al fine di orientarli [i processi psichici] verso la scarica<br />
grazie all’attività cosciente” (p. 353). Inoltre, egli sottolineò<br />
che la ripetizione può fornire sia l’accesso alla memoria che una