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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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LA STORIA, IL BAROCCO E IL GIUDIZIO DEGLI ANGELI 101<br />

chiamo il potenziale storico <strong>del</strong> presente. Questo perché lo stile<br />

è il corpo, la fisicità <strong>del</strong> linguaggio. Pertanto, noi riconosciamo<br />

nel gesto di uno stile (di pensiero, di scrittura, di discorso) la<br />

com-presenza e la responsabilità di passato, presente e futuro.<br />

Qui l’intrattabile qualità sibillina <strong>del</strong>l’allegoria barocca, come il<br />

discorso e la scrittura di una sensatezza, di un’espressione epocale,<br />

suggerisce ben più di una semplice tecnica letteraria o poetica<br />

arcaica. Scrive Walter Benjamin (1928, p. 141):<br />

L’allegoria mostra agli occhi <strong>del</strong>l’osservatore la facies hippocratica<br />

<strong>del</strong>la storia come irrigidito paesaggio originario. La storia in tutto<br />

ciò che essa ha fin dall’inizio di immaturo, di sofferente, di mancato,<br />

si imprime in un volto, anzi: nel teschio di un morto. E se è vero<br />

che ad esso manca ogni libertà “simbolica” <strong>del</strong>l’espressione, ogni<br />

armonia classica <strong>del</strong>la figura, ogni umanità, in questa figura – che è<br />

fra tutte la più degradata – si esprime significativamente sotto forma<br />

di enigma, non solo la natura <strong>del</strong>l’esistenza umana in generale,<br />

ma la storicità biografica di una singola esistenza. È questo il nucleo<br />

<strong>del</strong>la visione allegorica, <strong>del</strong>la esposizione barocca, profana <strong>del</strong>la<br />

storia come via crucis mondana: essa ha significato solo nelle stazioni<br />

<strong>del</strong> suo decadere.<br />

Nell’interregno tra la fede religiosa garantita dalla stabilità<br />

divina <strong>del</strong>l’universo precopernicano e la successiva consolazione<br />

<strong>del</strong>l’idolatria <strong>del</strong>la scienza, il Barocco ostenta un essere nudo,<br />

sguarnito, in cui ogni “persona, ogni oggetto, ogni relazione può<br />

significare assolutamente qualunque altra cosa. Con questa possibilità,<br />

viene emesso un giudizio distruttivo, benché giusto, sul<br />

<strong>mondo</strong> profano” (p. 149). Privato di un’ovvia funzione simbolica,<br />

intrappolato nella caduta <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>, nella profanità <strong>del</strong>la<br />

decadenza e <strong>del</strong>la rovina, il Barocco indica un’altra direzione,<br />

scavando nel corpo, nella fisicità <strong>del</strong> linguaggio. Come sostiene<br />

Benjamin, gli estremi tipografici e le metafore pompose <strong>del</strong> Barocco<br />

sono soltanto i sintomi più ovvi di un linguaggio che tende<br />

verso il visivo, verso l’illuminazione che scaturisce da un’immagine<br />

indipendente e autonoma. Si tratta però di un’autonomia<br />

segnata, ferita, perché:<br />

Nel campo <strong>del</strong>l’intuizione allegorica, l’immagine è frammento, runa<br />

(p. 150).

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