Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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152 IAIN CHAMBERS<br />
in un’epoca che spesso sembra voler fare a meno <strong>del</strong>la società civile,<br />
che forse si ritira persino dai requisiti <strong>del</strong>la democrazia, mentre<br />
i centri commerciali e le collettività controllate si riproducono<br />
nel bagliore paranoico <strong>del</strong>la sorveglianza ininterrotta. Questi insediamenti,<br />
appollaiati tra il deserto e il Pacifico, ricordano stranamente<br />
le antiche fortezze collinari. Vivendo <strong>del</strong>le acque di sussidio<br />
<strong>del</strong>le Sierras e <strong>del</strong> sistema pubblico di collegamenti stradali<br />
(stato assistenziale non riconosciuto a capitale privato), questi insediamenti<br />
forniscono gli ambiti <strong>culturali</strong> agli sviluppi globali previsti<br />
nei mondi fantascientifici descritti in romanzi come Negromante<br />
di William Gibson e Snow Crash di Neal Stephenson, per<br />
non parlare <strong>del</strong>lo sviluppo intensivo <strong>del</strong> capitalismo in altre zone<br />
<strong>del</strong> <strong>mondo</strong> d’oggi: da Santiago a Pechino.<br />
La riduzione <strong>del</strong> luogo è anche la riduzione <strong>del</strong>la memoria.<br />
Ma poi esistono edifici privi di memoria? L’ultramodernismo<br />
ubicato ai limiti <strong>del</strong>l’Occidente, nel deserto <strong>del</strong>la California meridionale,<br />
ci offre forse oggetti che incarnano unicamente la memoria<br />
sfuggente dei materiali di cui sono composti: vetro, acciaio,<br />
plastica, fibra ottica, cemento, madacam, neon. In questi deserta<br />
pragmatica i critici ci informano, amaramente, che la memoria,<br />
troppo dispersiva per iscrivere, che richiede troppo tempo per riconoscere,<br />
viene sbiancata, purgata. Soltanto la statua bronzea di<br />
John Wayne (dal film western di John Ford preferito da Jean-Luc<br />
Godard, Sentieri selvaggi) nel foyer <strong>del</strong>l’aeroporto di Orange<br />
County lascia una traccia. Ma forse l’apparente rigidità <strong>del</strong>l’oblio<br />
invita a ripensarci. Forse qui la memoria viene resa spaziale invece<br />
di sedimentarsi in strati verticali, pertanto la città apparentemente<br />
priva di memoria di Irvine viene sia duplicata che ombreggiata<br />
dall’insediamento prevalentemente ispanofono di Santa<br />
Ana. La luce razionale <strong>del</strong>la pianificazione <strong>del</strong>la memoria e la sua<br />
gestione dipendono dalle ombre che regolano coloro che la servono<br />
e la sostengono da dietro le quinte. Considerare la memoria in<br />
termini spaziali, come luoghi diversi, persino separati, significa<br />
inevitabilmente opporre all’esperienza <strong>del</strong>la città verticale (Napoli)<br />
quella orizzontale (Irvine). La prima è in debito, e a volte oppressa,<br />
rispetto alla storicità: a Napoli il tempo è un suggello che<br />
non ci ricorda solamente il nostro corpo, la nostra mortalità, ma<br />
divora altresì ogni spiegazione, ragione e giudizio. Irvine, invece,<br />
è una città che in apparenza esiste alla fine <strong>del</strong> tempo; qui le spie-