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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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42 IAIN CHAMBERS<br />

omogeneità di me come individuo e <strong>del</strong>l’identità collettiva. Se il<br />

corpo alienato <strong>del</strong> colonizzato e <strong>del</strong> cyborg è stato parte integrante<br />

<strong>del</strong>la realizzazione <strong>del</strong> mio <strong>mondo</strong>, <strong>del</strong>la mia modernità –<br />

com’è quasi certamente il caso – allora devo necessariamente riconoscere<br />

l’eterogeneità come parte integrante di quella storia, di<br />

quella formazione culturale e <strong>del</strong>la costruzione <strong>del</strong>la mia identità.<br />

In tal modo, come asserisce giustamente Julia Kristeva (1988),<br />

l’estraneo mi trasforma in un estraneo, rendendo la mia storia, il<br />

mio linguaggio, la formazione di me ignota, inquietante. In questa<br />

battuta d’arresto, in questa scissione e intervallo (sovente doloroso<br />

e difficile da accettare, segnatamente per coloro che hanno<br />

sempre vissuto la storia come riflesso di se stessi), mi ritrovo in<br />

viaggio senza la possibilità di colmare il vuoto, costretto a vivere<br />

la mia storia come apertura etica. Ciò potrebbe voler dire non limitarsi<br />

a “usare” e “sfruttare” l’esempio postcoloniale a beneficio<br />

istituzionale e individuale, bensì accettarlo come un invito a ripensare<br />

le premesse stesse <strong>del</strong>lo “storico”, e quindi le conseguenze<br />

<strong>culturali</strong>, politiche, psichiche e poetiche che derivano dallo<br />

smuovere, scavare e coltivare il terreno su cui poggio i piedi.<br />

Il sublime <strong>del</strong>la modernità<br />

In questa sfida alla verità razionalista e al soggetto universale è<br />

insita la sfida alla modernità occidentale. Tuttavia, prima ancora<br />

<strong>del</strong> discorso contemporaneo sulla postmodernità e sulla postcolonialità,<br />

questa particolare sfida ha già affondato profondamente le<br />

radici nell’arte e nella letteratura occidentali, più precisamente<br />

nei tentativi settecenteschi di limitare l’eccesso sentimentale ed<br />

emotivo proposto dal sublime. In questo senso, la Critica <strong>del</strong> giudizio<br />

di Kant <strong>del</strong> 1790 analizza la relazione tra l’immaginazione e<br />

la ragione, e giunge alla conclusione che la prima debba essere subordinata<br />

alla seconda. In una rielaborazione razionalista <strong>del</strong>l’indagine<br />

svolta più in termini fisiologici da Edmund Burke in Inchiesta<br />

sul bello e sul sublime, <strong>del</strong> 1757, il sublime viene considerato<br />

esclusivamente un prodotto <strong>del</strong>la mente, un costrutto mentale;<br />

il piacere è dato dall’afferrarne l’enormità, invece che dall’avere<br />

a che fare con un oggetto particolare, come nel caso <strong>del</strong> bello.<br />

Per questa ragione, la Natura e i suoi oggetti non possono essere

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