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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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148 IAIN CHAMBERS<br />

e minaccia di distruggerlo, a volte capita che si contravvenga alla<br />

razionalizzazione, perché siamo io, tu, loro che esistiamo in questo<br />

spazio, in questo passo al di là degli schemi. È nel passaggio<br />

attraverso questo spazio, a piedi o su ruote, che il corpo diviene<br />

soggetto, che io divengo ciò che sono.<br />

Io, con i miei miti, la mia sensazione <strong>del</strong>l’essere, ho origine qui,<br />

in questo passaggio. Questo è il luogo <strong>del</strong>l’arché, l’instaurazione<br />

degli inizi, che costruisce e custodisce l’architettura. Costruire,<br />

Abitare, Pensare (Heidegger 1954b) diviene quindi una questione<br />

di come instaurare, come cominciare, come concepire, costruire<br />

ed edificare noi stessi. Sebbene non siamo noi a decidere le condizioni,<br />

non si tratta di un atto arbitrario. Questo spazio viene prodotto<br />

e costituito al contempo dai linguaggi, dalle storie, dalle culture<br />

e dalle tradizioni che ci avvolgono nella città, nella vita quotidiana.<br />

Il fatto che noi abitiamo in questa apertura costituisce gli<br />

strati mobili, le possibilità cangianti, la maniera variegata di abitare<br />

la città. Tuttavia, questo spazio è stato già configurato, in attesa <strong>del</strong><br />

nostro arrivo, e contemporaneamente accompagnato da margini<br />

vuoti, da quel che resta radicalmente irriducibile sia alla chiusura<br />

che al controllo <strong>del</strong> piano e alla soggettività <strong>del</strong>l’abitante individuale.<br />

Si tratta pertanto di una familiarità spaziale che viene sempre<br />

perseguitata dall’alterità. In ultima analisi, seppure anche inconsapevolmente,<br />

tentiamo di adeguarci al perturbante.<br />

Nello scambio tra edifici e corpi, ciò che risponde a quest’ultima<br />

esigenza e la rappresenta è la potenziale continua interruzione<br />

<strong>del</strong> piano. Questo perché abitare, nel suo accogliere<br />

e promuovere il soggetto, annuncia altresì la frantumazione <strong>del</strong><br />

<strong>mondo</strong>. Proprio questa intrusione spezza e si allontana da una<br />

concezione umanista <strong>del</strong>l’abitazione, in cui si sottintende che<br />

abitare abbia inizio e fine nell’ambito e nel consenso <strong>del</strong> soggetto.<br />

Si tratta di una condizione assai più esposta <strong>del</strong> soggetto<br />

che emerge e diviene. Quello che rende effettivamente umano<br />

l’essere umano consiste, come ci ricorda Heidegger, nella sua<br />

mancanza di fondamenta, di stabilità. C’è una persistenza non<br />

rappresentata, persino non rappresentabile, che interroga la<br />

città, la sua architettura e tutte le discipline che tentano di <strong>del</strong>imitarne<br />

e determinarne il destino. Il modo in cui rispondiamo a<br />

questo spazio suscettibile e ce ne assumiamo le responsabilità ci<br />

induce a porre interrogativi che ci riguardano tutti nella valuta-

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