Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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214 IAIN CHAMBERS<br />
punto <strong>del</strong>la situazione nel <strong>mondo</strong> (pp. 293-298) 1 . Separarsi da<br />
questo scenario vuole dire ritirarsi dal puramente razionale che<br />
rende possibile l’illusione di essere i padroni <strong>del</strong> linguaggio e<br />
che tutto si riveli nella rappresentazione. Chi oltrepassa questo<br />
limite, in certo senso, “misconosce che c’è un pensiero più rigoroso<br />
di quello concettuale” (p. 308).<br />
In questo supplemento che eccede e nega la logica <strong>del</strong>la mia<br />
spiegazione, i limiti <strong>del</strong> mio habitat vengono inscritti e la sua<br />
storia diviene una storia. La struttura <strong>del</strong> mio pensiero, la struttura<br />
che mi posiziona come soggetto <strong>del</strong>la storia, si rivela essere<br />
la verità di una posizione, la peculiarità di una voce, la posizione<br />
di un corpo, di una cultura, di una storia. Ciò che rimane impensabile<br />
nell’ambito <strong>del</strong> mio sistema di rappresentazione, che<br />
ne è esterno eppure lo investe e lo supera, dissemina una verità<br />
che non sono in grado di possedere, che sospende l’autorità <strong>del</strong>la<br />
mia spiegazione (Purdom 1995). Ciò mi conduce sulla <strong>soglia</strong><br />
di un altro pensiero e mi spinge per la mia strada. La logica unilaterale,<br />
e la sordità alla risposta, che viene ora stabilita nel brusio<br />
generalizzato <strong>del</strong> dominio <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>, può essere intersecata<br />
da una narrazione, da un logos diverso che dipende dall’ascolto 2 .<br />
Vuol dire opporsi a una modalità di pensiero che prescrive, che<br />
ignora l’ascolto, ovvero una cultura che nega “le premesse stesse<br />
<strong>del</strong>la cultura perché si propone di predicare invece che coltivare”<br />
(Corradi Fiumari 1985, p. 21; corsivo nell’originale). Ritirarsi<br />
dall’accecante trasparenza di una logica che parla senza attendersi<br />
o richiedere una risposta significa incontrare nelle ombre<br />
<strong>del</strong> discorso occidentale la perdita <strong>del</strong>la propria nomina a “sog-<br />
1 Come si sforza di spiegare Heidegger, questo senso di mancanza di una casa è anche<br />
di natura profondamente ontologica. Non ha nulla a che fare con la casa nel senso di appartenenza<br />
a una “patria” o nazione. La mancanza di una casa “riposa nell’abbandono<br />
<strong>del</strong>l’essere proprio <strong>del</strong>l’ente” (pp. 291-292).<br />
2 A questo punto sto semplicemente chiosando la dettagliata trattazione di questa tematica<br />
offerta da Gemma Corradi Fiumari (1985). Questo pensiero aveva già fatto la sua<br />
comparsa nel 1951, in un articolo chiamato Logos, relativo al concetto <strong>del</strong> Leghein che,<br />
come ribadisce Heidegger, fornisce una comprensione più radicale <strong>del</strong> logos, dato che intende<br />
sia parlare che narrare, pronunciare e anche unire, raccogliere, radunare. L’altro lato<br />
<strong>del</strong> leghein è andato, a poco a poco, perduto e abbandonato. Il concetto che contiene è<br />
fondamentale anche per l’idea <strong>del</strong>la narrazione come modalità di conservazione che trattiene<br />
nel suo significato ciò che raduna, ricorda e riunisce l’ascolto. In altre parole, un logos<br />
dipendente dall’ascolto.