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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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SULLA SOGLIA 209<br />

ciò che esiste al di là <strong>del</strong>la mia rappresentazione si ripropone<br />

per rendere precarie le mie pretese.<br />

La casa <strong>del</strong> linguaggio<br />

Lévinas ha ragione a ribadire i limiti <strong>del</strong> pensiero di Heidegger<br />

relativamente alla tematica <strong>del</strong>l’abitazione, e a criticare il suo implicito<br />

appello a una dimora sedentaria radicata in un terreno che<br />

può anche generare orrore e demoni omicidi intenti a difendere<br />

ed estendere la loro casa a spese degli altri. Nondimeno, la piega<br />

radicale che dà Heidegger alla nostra concezione <strong>del</strong> linguaggio<br />

porta verso un’apertura irreversibile nel pensiero <strong>del</strong> nostro luogo<br />

nel <strong>mondo</strong>. Nella sua Lettera sull’umanismo (1946), quella sintesi<br />

<strong>del</strong>la sua opera che ci riporta verso Essere e il Tempo (1927) mentre<br />

<strong>del</strong>inea le future strade <strong>del</strong> pensiero, Heidegger (1962a, p.<br />

193) proferisce la famosa asserzione secondo cui: “Il linguaggio è<br />

la casa <strong>del</strong>l’Esserci. Nella sua casa vive l’uomo”.<br />

Leggere questo saggio, assieme a Costruire, abitare, pensare<br />

(1954b) e alla successiva raccolta di saggi In cammino verso il linguaggio<br />

(1959) significa sentire, nelle parole di questo pensatore,<br />

il racconto di una maniera di abitare i cui limiti, paradossalmente,<br />

mi salvano: mi liberano dalle ambizioni illimitate <strong>del</strong>la metafisica,<br />

da una modalità <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong>l’esistenza che ritiene di essere<br />

anche in grado di dominare e svelare la logica <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>. Pensare<br />

con questi limiti e nell’ambito di questi limiti consente di “liberarci<br />

dall’interpretazione tecnica <strong>del</strong> pensiero” (p. 268). Se diamo<br />

ascolto a Borderland/La Frontera di Gloria Anzaldúa, il linguaggio,<br />

in quanto essere, in quanto casa che risiede nella mia lingua e<br />

nel mio corpo (“io sono la mia lingua”, scrive la scrittrice chicana),<br />

diviene il percorso di un serpente mitico che si contorce nel<br />

tempo e nel corpo, nelle parole e nella storia, oltrepassando i confini,<br />

riscrivendo le aspettative <strong>del</strong>l’espressione linguistica, resistendo<br />

alla prescrizione e alla riconfigurazione <strong>del</strong>l’espressione<br />

linguistica nell’atto <strong>del</strong> divenire (Anzaldúa 1987, p. 59). Nel linguaggio<br />

e <strong>del</strong> linguaggio, intrappolata nel flusso <strong>del</strong> significato, la<br />

mia essenza non è né soggetto, né oggetto (Minh-ha 1991). Il corpo<br />

scrive, viene scritto, dice, è detto (Cixous 1997). Il mio essere<br />

nel linguaggio, il mio linguaggio nell’essere, supera la logica sin-

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