Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
126 IAIN CHAMBERS<br />
presente” (Bhabha 1994, p. 300). Qui il tempo oltrepassa la restrizione<br />
dei nostri concetti, perché il tempo <strong>del</strong>la memoria è un<br />
tempo reversibile che ci consente di ritornare, rivisitare e re-visionare<br />
altri tempi. La presenza coeva di questo tempo reversibile e<br />
<strong>del</strong>la natura irreversibile dei nostri corpi provoca una lacerazione<br />
nella nostra esperienza, nelle nostre vite. Il tempo lineare, irrevocabile<br />
viene interrotto dall’intervallo e dall’intrusione <strong>del</strong> ritorno<br />
eterno <strong>del</strong> tempo trasversale: il ritorno <strong>del</strong> sintomo, <strong>del</strong> ricordo,<br />
<strong>del</strong>la registrazione e <strong>del</strong> riordino <strong>del</strong> passato, e il desiderio perpetuo<br />
di ritornare a ciò che è stato registrato. Il luogo mutevole <strong>del</strong>la<br />
memoria esplode nello spazio <strong>del</strong>le nostre storie come insieme<br />
di frammenti sospesi nel tempo, come perdita che viene vissuta<br />
come essenziale per la nostra comprensione <strong>del</strong> presente. La memoria<br />
viene alimentata e tenuta in custodia (sia catturata che difesa)<br />
dalle fragili catene <strong>del</strong> linguaggio, dalla cadenza e dalla respirazione<br />
<strong>del</strong> corpo che costituisce l’ambigua apertura e il programma<br />
<strong>del</strong>la nostra identità. E la musica, in quanto canto, danza e ritmo,<br />
in quanto mappe musicali e versi di canzoni, forma uno spartito<br />
che fa da contrappunto interrogando la contingenza per la<br />
creazione di un’individuazione mobile e <strong>del</strong>la collettività.<br />
Danza gitana sotto un albero<br />
Una giovane gitana balla sotto le fronde di un albero nel deserto<br />
<strong>del</strong> Rajasthan. Il suo abito chiaro e i gioielli che indossa<br />
scintillano nelle ombre <strong>del</strong>la sera. La scena è ipnotica e allo stesso<br />
tempo emblematica. Mi ritrovo sulla <strong>soglia</strong> di qualcosa di diverso,<br />
che apre il mio <strong>mondo</strong> alla dirompente presenza di qualcosa<br />
che riconosco ma che si sottrae al mio desiderio di comprensione.<br />
Qui c’è un evento che sfugge alla chiusura <strong>del</strong>la mia<br />
comprensione. È tutto chiaro (la figura danzante nel deserto, i<br />
suoni che ne accompagnano i movimenti), ma qualcosa rimane<br />
opaco, nascosto, fuori dalla mia visuale, muto. È la scena di apertura<br />
<strong>del</strong> film e <strong>del</strong> viaggio musicale intitolato Latcho Drom (1993)<br />
<strong>del</strong> regista algerino Tony Gatlif. L’itinerario ha inizio nel Nord-<br />
Ovest <strong>del</strong> subcontinente indiano e prosegue attraversando un arcipelago<br />
di memorie storiche svelate nei suoni che emergono<br />
lungo il cammino: India, Egitto, Turchia, Romania, Ungheria,