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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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VOCE NELL’OSCURITÀ, MAPPA DELLA MEMORIA 129<br />

denzione sciupata <strong>del</strong>l’umanità, di una fede tristemente messa alla<br />

prova eppure eterna nel nostro ambiente. Ascoltata in questa<br />

chiave, la musica dà vita a un’etica. Attirandoci attraverso il vuoto<br />

nell’implacabilità <strong>del</strong> tempo e nei dettami <strong>del</strong> significato, la musica<br />

ci consente di uscire temporaneamente dalle narrazioni che ci<br />

inquadrano per ri-negoziare la nostra “appartenenza” alle stesse.<br />

Noi accediamo alla memoria mediante il linguaggio, mediante<br />

la scrittura sulla pagina, mediante il corpo, e nello spazio in cui<br />

parliamo e ascoltiamo. Non solo ricordiamo il nostro passato nella<br />

musica, ma anche le tecniche stesse che ci consentono di farvi ritorno,<br />

le registrazioni, sono esse stesse una forma di scrittura. In<br />

The Aesthetics of Recorded Sound, il critico giapponese Shuhei Hosokawa<br />

(1990) scrive: “Non è un caso che, inizialmente, ai dispositivi<br />

come il fono-grafo e il grammo-fono siano stati dati nomi derivati<br />

dalla congiuntura <strong>del</strong>le radici ‘suono’ e ‘scrittura’”. La musica<br />

sopravvive, va avanti, perché viene ri-scritta, re-iscritta.<br />

Mostrati mediante i linguaggi immediati <strong>del</strong>la fotografia, <strong>del</strong>la<br />

pellicola, <strong>del</strong>le immagini registrate e digitali, i nostri ricordi si avvicinano<br />

sempre più a noi. Vengono catturati, amplificati e diffusi. Le<br />

tecnologie e le tecniche di riproduzione rendono possibile un “ritorno<br />

eterno”. Tuttavia, rimane anche una tensione più profonda<br />

che nessuna tecnica o tecnologia sarà mai pienamente in grado di<br />

tradurre. Anelando al tempo, alla vita, i nostri ricordi si protendono<br />

per proteggerci dall’oblio, e nelle modalità mobili ma ripetitive<br />

<strong>del</strong>la nostra obbedienza al suono, quel desiderio chiaro ma indecifrabile<br />

raggiunge l’apice <strong>del</strong>l’ubiquità. La musica serve come mappa<br />

multidimensionale, a un tempo in relazione con la moda (ripetizione<br />

<strong>del</strong> nuovo) e con la memoria (momenti perduti nel tempo).<br />

Ci permette di mantenere un esile ponticello tra la coscienza e l’oblio,<br />

introduce la storia <strong>del</strong>l’evento nel regime fluttuante e atemporale<br />

<strong>del</strong>la memoria consentendoci di segnare il tempo e di ricordarlo,<br />

ammettendo che il passato sia presente e permettendoci di rintracciare<br />

nella sua eco altri sogni, ulteriori futuri.<br />

La musica, pertanto, quantunque in origine sia espressione di<br />

un momento storico e culturale, comincia a compiere viaggi interminabili<br />

non appena compare nel <strong>mondo</strong>; non ha un luogo solo,<br />

continua a continuare, senza alcuna ragione apparente. Si trova<br />

ovunque e da nessuna parte: il buco nel tempo, la frattura nello<br />

spazio, l’apogeo <strong>del</strong>l’esperienza.

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