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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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LA STORIA, IL BAROCCO E IL GIUDIZIO DEGLI ANGELI 89<br />

pittura 1 . Frustrando un’appropriazione razionalista e la piacevole<br />

misura <strong>del</strong>l’ordine e <strong>del</strong>l’interpretazione classici, la pittura “dal<br />

vivo” di Caravaggio minaccia la nobiltà <strong>del</strong>lo sguardo (theoria)<br />

mostrando ciò che si vede, invece di ciò che la ragione compone<br />

e condona. La “bellezza mortale <strong>del</strong>la teoria”, la configurazione<br />

sepolcrale <strong>del</strong> discorso e il razionalismo di una rappresentazione<br />

che rende leggibile e possedibile il <strong>mondo</strong>, viene distrutta da Caravaggio,<br />

il quale rivolge lo sguardo all’interno di se stesso e <strong>del</strong>la<br />

cornice mortale che annuncia (Marin 1977). Come sostiene<br />

Louis Marin, in Caravaggio non incontriamo la verità <strong>del</strong>l’oggetto<br />

rappresentato, bensì la verità <strong>del</strong>la rappresentazione. Eliminando<br />

la distanza e intrappolando l’occhio nell’apparenza, tutto<br />

avviene sulla superficie <strong>del</strong> dipinto, il<br />

piano in cui l’esterno e l’interno si sovrappongono in una linea sfocata<br />

e indecifrabile. Ecco che l’esterno e l’interno raggiungono la maggiore<br />

intensità e il maggiore potere, un potere tanto schiacciante che<br />

non è possibile opporvisi (Marin 1977).<br />

L’“idea” <strong>del</strong>la pittura come mimesi fe<strong>del</strong>e, come “fe<strong>del</strong>e” alla<br />

natura, come giudizio storico e prospettiva storica, viene sostituita<br />

dall’atto <strong>del</strong>la pittura come “il momento in cui la vista prorompe<br />

dalla rappresentazione”. Marin conclude: ciò che si staglia dal<br />

fondo nero di queste tele è che “il momento di autoriflessione nei<br />

dipinti <strong>del</strong> Caravaggio rivela come la pittura sia una rappresentazione<br />

senza base, senza fondamenta”. In Caravaggio, “lo sguardo<br />

è un gesto che indica, un ‘questo’ che fa a meno dei discorsi e <strong>del</strong>la<br />

descrizione integrativa, che ha luogo hic et nunc”.<br />

Come la nota agonizzante <strong>del</strong> liuto o <strong>del</strong>la viola da gamba, la<br />

trama e la tonalità sono decentrate, transitorie, malinconiche. La<br />

visuale appassionata <strong>del</strong>le cose scaturisce dall’evento <strong>del</strong>la storia<br />

sofferente (“apposto su una ruota di fuoco”), non dalla sigillata<br />

saldezza <strong>del</strong>la logica. Nella sua violenta affermazione, questa disposizione<br />

annuncia altresì lo spazio precario <strong>del</strong>l’emergere <strong>del</strong><br />

1 Nella sua storia <strong>del</strong>la pittura e <strong>del</strong>l’architettura <strong>del</strong> 1725, André Félibien scrisse:<br />

“Poussin non sopportava Caravaggio e diceva che fosse venuto al <strong>mondo</strong> per distruggere<br />

la pittura”, citato in Marin 1977. La citazione di Caravaggio in questa sede è solo un riflesso<br />

<strong>del</strong> suggestivo saggio di Marin.

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