Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...
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ESTRANEO IN CASA 189<br />
unilaterale <strong>del</strong> significato e <strong>del</strong>la verità, che riconferma il soggetto;<br />
si tratta di una comprensione che ha moto unidirezionale,<br />
dall’occh-ìo al <strong>mondo</strong> percepito come oggetto esterno. Tuttavia<br />
al potere <strong>del</strong>lo sguardo si accompagna anche un intrinseco<br />
insuccesso, l’incapacità di ascoltare, di sentire e di rispondere.<br />
Si tratta di una forma di conoscenza che né chiede né accetta<br />
una risposta. Percorrere criticamente questa strada significa dare<br />
il via al processo di antropologizzazione <strong>del</strong>l’Occidente, al fine<br />
di “dimostrare quanto sia stata esotica la sua costruzione<br />
<strong>del</strong>la realtà (Rabinow 1986). Vorrebbe dire scavare nella tendenza<br />
teorica che ha tentato, storicamente, di catturare e spiegare<br />
la realtà senza esserne incorporata. Si perseguono la distanza<br />
critica, l’oggettività scientifica e l’ordine estetico, mentre<br />
si evita il paradosso <strong>del</strong>l’“oggettività” di un punto di vista specifico<br />
ubicato nella parzialità di una storia e <strong>del</strong> linguaggio partigiano<br />
di una cultura (Geiger 1998). L’apparente libertà <strong>del</strong>l’osservatore<br />
svela involontariamente i confini intellettuali in<br />
cui viene trattenuto a sua insaputa.<br />
Storicamente, è la logica visuale che emana dal centro che<br />
guida la visione <strong>del</strong>le cose, la quale è stata unilaterale e oggettivante<br />
nei suoi effetti. Lo sguardo, però, può essere restituito, per<br />
mettere a disagio l’osservatore. Registrare la possibilità di un siffatto<br />
ritorno significa aprire la distinzione dirompente tra lo<br />
sguardo che tutto abbraccia (l’oggettività soggettiva <strong>del</strong> cogito) e<br />
la visione reattiva, la quale incontra resistenza e opacità, fastidio<br />
e confusione, un riflesso sporco nella retina. Significa disfare la<br />
distanza critica tra il soggetto che tutto vede e l’oggetto inerte (la<br />
distanza che rende possibile il possesso), con un intervallo che rimane<br />
incolmabile, una separazione instaurata e mantenuta dalla<br />
finitezza <strong>del</strong>la mortalità, dai limiti <strong>del</strong>la collocazione e dall’ubicazione<br />
di un corpo, di una voce, di una storia. Nel passaggio tra<br />
l’appropriazione fiduciosa <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>, associata alla scienza moderna,<br />
e un riconoscimento assai meno fiducioso, più barocco,<br />
emerge una modalità <strong>del</strong>la percezione che fa appello all’abitare e<br />
al movimento <strong>del</strong> <strong>mondo</strong> che non si limita al cogito. Si tratta di<br />
una prospettiva che tende a guardare al di là <strong>del</strong>la tirannia strumentale<br />
di un punto di vista unico che vede nella terra, nelle storie<br />
e nei corpi degli altri semplici oggetti di cui disporre a piacimento<br />
(Carter 1996, pp. 303-304).