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Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente - Studi culturali e ...

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72 IAIN CHAMBERS<br />

Proprio l’erranza <strong>del</strong> <strong>mondo</strong> rende possibile che la domanda<br />

perseveri in quanto domanda, facendo ripetutamente capolino<br />

per recare la promessa <strong>del</strong>l’interruzione.<br />

Un’altra modernità<br />

Uno scenario <strong>del</strong> genere richiede che si dia ascolto alle ombre,<br />

laddove l’orecchio interiore <strong>del</strong>la storia percepisce il non<br />

detto e l’indicibile mentre il tempo divora se stesso nella ricerca<br />

di una salvezza irraggiungibile nelle prosaiche inezie <strong>del</strong> <strong>mondo</strong><br />

(Buci-Glucksmann 1990, pp. 16-17). Forse la modernità ombreggiata<br />

<strong>del</strong> Barocco, un richiamo che si insinua continuamente<br />

nelle mie osservazioni, è proprio l’ambiente in cui si può scorgere<br />

e udire un’estetica alternativa, soggetta a manifestarsi tra l’inquadramento<br />

terrestre e il divenire <strong>del</strong> <strong>mondo</strong>. Il mutevole connubio<br />

tra corpo e mente, tra sensualità finita <strong>del</strong>le passioni e infinito<br />

agognato <strong>del</strong>la ragione, tra l’insistenza fisica <strong>del</strong>la danza e la<br />

geometria astratta <strong>del</strong> razionalismo, questione che il classicismo<br />

avrebbe poi risolto a favore <strong>del</strong> secondo elemento di ognuna di<br />

queste dicotomie, trova qui forte e continuo sostegno (Angoulvent<br />

1994). Esplorando le contingenze mondane (si vedano El<br />

Greco, Caravaggio, Giordano, Ribera, Rubens, Rembrandt,<br />

Velázquez), ove la visione è sempre meno che trasparente, e il<br />

suono rievoca sensibilità indomabili, si riscontra una notevole<br />

eco <strong>del</strong>l’esperienza <strong>del</strong>la tarda modernità. Che la si interpreti<br />

dall’una o dall’altra estremità <strong>del</strong>l’epoca storica, dai suoi inizi putativi<br />

e dalla presunta conclusione, è una vicinanza catturata, in<br />

maniera suggestiva, nell’assonanza <strong>del</strong> passaggio tra “barocco” e<br />

“rock”. Nel liuto di John Dowland e nella chitarra di Jimi Hendrix,<br />

si insiste nella promessa di inquadrare i suoni in maniera<br />

netta contro l’astrazione oltremondana <strong>del</strong>l’estetica classica, per<br />

la quale la forma è atemporale, il dettaglio esclusivamente femminile,<br />

l’ornamento decadente (Schor 1987). Inoltre, ascoltare il<br />

Barocco, esattamente come ascoltare il jazz, significa cogliere<br />

l’annuncio di un passaggio critico dalla visione unilaterale <strong>del</strong>lo<br />

sguardo imperioso alla dispersione <strong>del</strong> tono, dalle fantasticherie<br />

<strong>del</strong>la trasparenza in cui tutto si rivela all’interminabile odissea<br />

<strong>del</strong> suono e all’infinito <strong>del</strong> non finito.

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