LO SFRUTTAMENTO DEL MARCHIO IN COMUNIONE E ALL ...
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1.5 Il couso del marchio<br />
L‟esame della fattispecie della comunione di marchio è stato finora<br />
condotto analizzando l‟aspetto della contitolarità, è ora opportuno<br />
soffermarsi su quello del couso e dei potenziali conflitti che potrebbero<br />
derivare dall‟uso del marchio da parte di più soggetti. Già a proposito dei<br />
limiti della comunione ho chiarito che vige il divieto dell‟uso decettivo<br />
del segno e che per evitare l‟uso ingannevole del marchio in comunione i<br />
contitolari possono adottare un regolamento il quale fissi le modalità di<br />
uso comune del marchio. L‟ art. 6 CPI prevede l‟applicabilità alla<br />
comunione di marchio delle disposizioni del codice civile relative alla<br />
comunione in quanto compatibili; quindi, per quello che qui interessa, si<br />
deve valutare la compatibilità dell‟ art. 1102 c.c., rubricato “Uso della<br />
cosa comune”. La norma in esame prevede che: “1. Ciascun partecipante<br />
può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e<br />
non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il<br />
loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni<br />
necessarie per il miglior godimento della cosa. 2. Il partecipante non può<br />
estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri<br />
partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo<br />
possesso”. Relativamente alla disciplina civilistica della comunione,<br />
Vincenzo Di Cataldo ritiene che: “la ragione di fondo che rende tale<br />
disciplina incapace di regolare la comunione di marchio sia proprio il<br />
fatto che essa non contiene alcuna regola che precisi come ciascun<br />
condomino debba usare il bene comune; laddove, per la comunione di<br />
marchio, l‟imperativo fondamentale è proprio questo, è che l‟uso di<br />
ciascun condomino si svolga in un certo modo, che i condomini svolgano<br />
le proprie distinte attività in modo coordinato. L‟art. 1102 c.c., infatti,<br />
non detta regole di ordine sostanziale, non precisa in alcun modo le<br />
modalità dell‟uso. Viceversa, la comunione di marchio esige una<br />
disciplina materiale dell‟attività comune, che non è l‟attività di uso del<br />
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