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LO SFRUTTAMENTO DEL MARCHIO IN COMUNIONE E ALL ...

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di un vero e proprio accordo contrattuale.” 179 A questo proposito, è<br />

opportuno ricordare che l‟inciso “salvo il proprio consenso” è stato<br />

introdotto nell‟art. 1, 1° comma, l.m. con la riforma attuata dal D. Lgs. 4<br />

dicembre 1992, n. 480, ma che anche nel vigore della vecchia legge del<br />

1942, gli accordi di delimitazione nell‟uso di marchi erano stati<br />

riconosciuti legittimi dalla giurisprudenza. A titolo di esempio si può<br />

ricordare il caso “Ciocca/Tollegno” 180 : in primo grado il Tribunale di<br />

Milano 181 aveva riconosciuto la legittimità degli accordi in oggetto sul<br />

presupposto che i diritti sui marchi rientrano fra i diritti disponibili, di cui<br />

un soggetto può disporre mediante rinuncia; in secondo grado, la Corte<br />

d‟Appello di Milano 182 , in senso contrario, statuiva che “l‟accordo<br />

transattivo con il quale il titolare di un marchio concede ad un terzo l‟uso<br />

di un segno distintivo confondibile con il proprio è sostanzialmente un<br />

atto dispositivo del proprio segno, ossia il cedere al terzo il diritto di<br />

usare il marchio unitamente al titolare, concretando la coesistenza di<br />

marchi confondibili, ed è nullo in quanto ha per oggetto diritti rispetto ai<br />

quali sussiste soltanto una limitata capacità dispositiva”. 183 Infine la<br />

Corte di Cassazione, 184 ha cassato la sentenza della Corte d‟ Appello,<br />

ribadendo che “una transazione nella quale si preveda che una delle parti<br />

possa proseguire nell‟uso di un marchio, pur simile e confondibile con<br />

altro marchio del cui brevetto è titolare l‟altra parte, non costituisce atto<br />

179 SPOLIDORO, op. cit., p. 194, distingue tre gradi del consenso: grado zero (il consenso è<br />

inespresso, è una tolleranza cosciente come quella evocata dall‟art. 48, 1° comma, l.m. per la<br />

convalidazione del marchio); grado uno (il consenso è un‟espressa autorizzazione dell‟uso<br />

potenzialmente oggetto di un‟azione inibitoria, che può essere il contenuto di una dichiarazione<br />

di volontà unilaterale o di un vero e proprio accordo contrattuale); grado due (questa espressa<br />

autorizzazione è assorbita nell‟ atto di disposizione del diritto di marchio: un atto di<br />

disposizione consistente, in senso specifico, nella costituzione di un‟investitura in capo al<br />

licenziatario di taluni dei poteri del titolare del marchio sulla registrazione)<br />

180 Il caso riguardava un accordo transattivo con il quale una parte (Ciocca) accettava di<br />

rinunciare ad ogni segno distintivo che contenesse la parola “gatto” e l‟altra parte (Tollegno)<br />

accettava che Ciocca continuasse ad usare come proprio segno distintivo un marchio che<br />

contenesse la figura stilizzata di un gatto.<br />

181 Trib. Milano, 3 maggio 1984, in Rep. Foro it., 1986 n. 12<br />

182 App. Milano, 9 maggio 1986, in Giur. ann. dir. ind., 1987, p. 183<br />

183 Ricordiamo che, anteriormente alla riforma attuata dal D. Lgs. 480/92, la disposizione dei<br />

diritti di marchio era vincolata al trasferimento dell‟ azienda o del ramo d‟azienda<br />

184 Cass. ,19 aprile 1991, n. 4225, in Rep. Foro it., 1991, n. 109<br />

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